{ Spazio dell'Autrice }
Olé!
Scusate il ritardo ma nel week end non sono mai troppo libera ^^'''... come sempre vi ringrazio per i commenti e non vedo l'ora di leggere il continuo della tua storia, FunnyPirate *___*.
Bene, adesso posterò ben due capitoli. Da qui la piega del gioco comincia a farsi appena appena più interessante, poi probabilmente ci sarà un salto temporale (più che altro perché altrimenti vi annoierei X°D). Ah! Fatemi sapere se leggete bene quello che scrivo con i font speciali, altrimenti li tolgo e metto quelli semplici -anche se quelli speciali sono così fighi ç___ç- XDDDD
Perfetto, vi ho dato tutti gli input!
Si aprano le danze <3
Buona lettura!!
{ Rimescoliamo le Carte }
*** Capitolo **:
Il quaderno del Cazzeggio.
Un completo disastro.
Mai preso voto peggiore di questo e non credo che mai ne prenderò. Sono così depresso che penso potrei buttarmi di sotto dalla finestra e ne sarei contento, tuttavia mi trattengo e sospiro, evitando di alzare la testa dal libro di inglese. Tra l’altro, manco è il mio, è di quel saccentone sopracciglioso che mi sta accanto.
A dire il vero la prima parte dell’interrogazione non è andata così male… cioè, mi ha chiesto cos’era l’elettrostatica e su cosa si basava… poi è partita per una strada tutta sua che nessuno di noi ha capito. Non l’ho più seguita. Mi ha chiesto la definizione e la dimostrazione del teorema di Gauss. Io neanche sapevo che esisteva uno con questo nome, figurarsi supporre che aveva un teorema!
Alla fine mi ha messo 4-, perché per quella parte ho fatto praticamente scena muta. Ho preferito non parlare piuttosto che sparare cavolate. Ho apprezzato il fatto che Rufy, Usopp e persino il principino hanno tentato di aiutarmi come potevano. I primi due suggerendomi le formule possibili andando avanti con i capitoli. Dato che loro non le trovavano era Sanji a passarmele per loro conto.
Tornato al posto, non ho detto una parola. Sarei anche riuscito a prendere un 6 risicato, ma lei ha fatto la stronza, quindi ho perso 1 a 0. Se penso che poi mancano ancora due ore… allora mi viene proprio il mal di stomaco.
Qualcosa mi tocca il gomito, poggiato malamente sul banco. Mugugno, riconoscendo un pallido tentativo di quel principino di chiamarmi. Volto appena la testa, giusto per permettermi di vedere la sua folta chioma ricadere sul suo occhio sinistro. Prima che possa dire qualcosa, mi blocca e mi passa un quaderno. Alzando la testa e guardando la copertina, riconosco che è il mio quaderno del cazzeggio.
Quindi?
Torno su di lui con aria interrogativa e mi fa segno di aprirlo. Non parliamo semplicemente perché la prof sta interrogando uno di noi e se ci becca, finiremmo al suo posto. Tanto vale non fare rumore. Apro il quaderno con svogliatezza. Nella prima pagina, sotto la nota che ho scritto ieri a proposito del “
buttare di sotto la professoressa”, c’è una frase, dopo un po’ di spazio.
Riconosco la calligrafia del sopracciglio e leggo confuso.
Non te la prendere. Hai tutto l’anno per recuperare.
Cos’è questo tentativo di tirarmi su di morale?
Sospiro, prendo una penna al volo e rispondo velocemente.
Parli bene tu che sei il cocco dei professori…
Glielo ripasso, spostando il libro per non fare rumore. Tutti, nella classe sono tesi come corde di violino. Persino Usopp e Rufy non fanno più di tanto casino. Sarà perché sta interrogando uno dall’altra parte della classe, ma sinceramente non mi sento tranquillo. Voglio evitare di prendere un altro votaccio.
Mi riviene passato il quaderno.
Hai paura di quello che può dirti tua madre?
Cazzo… mia madre…
Mi passo una mano tra i capelli, quasi d’istinto. Non ci ho proprio pensato a lei…
No. Non si tratta di quello. Mia madre fa i doppi turni per far studiare me.
Gli riporgo il quaderno semplicemente per fargli leggere ciò che ho scritto, prima di finire la frase. Non so neanche perché gli sto rispondendo. Forse perché sono talmente demoralizzato che se non parlo con qualcuno implodo.
E poi e’ umiliante! Non l’abbiamo neanche fatta quella roba. Ce l’ha con me e basta.
Gli lancio praticamente il quaderno e lui lo prende senza battere ciglio, leggendo l’ultima frase che ho scritto. Nel suo sguardo leggo prima un accenno di tristezza e poi un qualcosa che non riesco a decifrare bene…
La sua mano prende la penna e scrive veloce come una saetta sulle righe bianche. Quando mi viene restituito il tutto leggo la parte sotto alla mia risposta.
La prossima volta allora leggi i messaggi della chat, testa d’alghe -__-
Non so perché, ma invece di arrabbiarmi, mi scappa solo un semplice, piccolo ghigno. Faccio spallucce, rispondendo velocemente.
Ci provero’.
Vorrei scrivere altro, ma sono indeciso se farlo o meno. Sospiro. Bé, dopotutto glielo devo… credo.
Comunque grazie.
Spingo il quaderno per la copertina e glielo poggio davanti con lentezza. Non mi aspetto altro se non qualche risatina, quindi poggio la spalla contro il muro e guardo fuori dalla finestra. Il cielo è tornato nuvoloso, ma molto di meno rispetto a ieri. Almeno oggi si vedono spiragli di sole che tentano di sorpassare le nuvole biancastre che ci sorvolano. È un bel panorama, non c’è che dire. Certo, conosco un posto dove sarebbe ancora più bello vedere certi panorami, invece che stare qui dentro, dietro banchi di legno a dover studiare cose che nessuno di noi dovrà utilizzare più, una volta usciti da qui.
Secondo me ognuno dovrebbe scegliersi le materie da fare, un po’ come all’università, a seconda di cosa vuole fare da adulto. Sarebbero tutti più felici di certo, e tutti sarebbero più bravi.
Chissà se mio padre apprezzerebbe ciò a cui sto pensando ora. Non saprei dire. L’unica cosa di cui sono contento è che papà non abbia dovuto vedere i miei insuccessi e il fatto che non mi ha visto cadere di continuo, soprattutto in questi otto anni.
Da quando lui non c’è più, io e la mamma abbiamo lottato duro per cercare di vivere una vita… normale. Nei primi tempi era dura, quasi insopportabile direi. Più di una volta è dovuta andare da uno psicologo, e più di una volta l’ha dovuto cambiare.
Ho sempre odiato quella categoria. Secondo me sono semplicemente dei cialtroni che si permettono di aprire bocca sui tuoi sentimenti. Dicono che aiutano le persone ad aprirsi, ma di certo non lo hanno fatto con mia madre. L’ho vista pian piano rinchiudersi in un guscio protettivo dalla quale ha cominciato ad uscire solamente tre anni fa circa. Penso che ad aiutarla sono stati persino Rufy e gli altri. Di tanto in tanto venivano a casa e facevamo un po’ di casino, e mia madre era sempre così allegra e sorridente che ero tentato di farli venire tutti i giorni.
Fortunatamente adesso sta molto meglio, anzi, ha quasi superato del tutto il trauma, anche se rimarrà una cicatrice indelebile. Ha messo su anche qualche chilo, il che è fantastico, visto che sembrava uno scheletro, qualche anno fa. Ora è più rosea e vive meglio la vita. Ha anche fatto amicizia con dei colleghi nell’ospedale. Spesso mi dice che nei week end esce con loro o almeno si fa una passeggiata.
Sembra che la vita le abbia ricominciato a sorridere. L’unica pecca sono io, come al solito. Sono una macchiolina nera su un quadro opaco che pian piano comincia a schiarirsi.
Un suono familiare mi riporta alla realtà in modo talmente brusco da farmi accapponare la pelle. La campanella sta suonando e nello stesso istante, lo scricchiolio di una sedia mi fa alzare di scatto la testa. Alla mia destra, il banco è vuoto. Sanji se ne è andato fuori. Probabilmente a fumare una sigaretta (per lui è un incubo dover star qui senza potersi uccidere i polmoni almeno due volte all’ora eh?). Improvvisamente sono circondato, e capisco anche il motivo. Sospiro, mi alzo e mi metto a sedere sopra il banco, aspettando l’arrivo del nuovo professore. Non so neanche che materia abbiamo oggi.
Di fronte a me, naso lungo e cappello di paglia mi guardano con i lacrimoni agli occhi.
-Bé? Che volete?-
-Zoro…-
-Ci dispiace tanto…-
-Mica è colpa vostra. Che c’entrate? È lei che è una stronza, no?-
-Questo senz’altro!-
-Zoro…- un’altra voce si unisce al coro. Mi volto e vedo il viso di Kaya rattristato. Sorrido un po’. –Non fare quella faccia dai… recupererò- faccio spallucce con fare disinvolto. Non mi va che persino lei stia male per me. Che poi cavolo, è solo un’interrogazione!
-Si, nell’anno del mai e nel giorno del poi-, quando mi volto, Saga mi sta guardando con fare esasperato.
-Te le scegli tutte tu le prof peggiori eh?-
-Non è colpa mia se quella ha dei problemi…-
-Secondo me non fa “
cose” da tempo-, continua lui ridacchiando.
-Si, e quindi che vorresti dire?! Che io sarei il suo modo per sfogarsi?- domando rabbrividendo al solo pensiero.
-Che cosa orribile!!-
-Zoro! Sei il giocattolo sessuale della professoressa!-
-CHE SCHIFO!- sbrocco alzandomi di scatto e stringendomi nella felpa. Adesso si che ho freddo!
Tutti, intorno a me, scoppiano in una fragorosa risata. Vengo contagiato dalle risa e cerco di rilassarmi un po’. Parlerò con mia madre e le dirò che mi impegnerò di più a scuola… in un modo o nell’altro. È il quarto giorno di scuola e già ho un quattro sul registro. Chissà che al nono non avrò un bel nove??
Si, così mia madre la faccio andare in coma, altro che sette!
Purtroppo per noi la seconda campana suona, quindi è arrivato il momento di tornare ai nostri posti. Quando vado a risedermi noto il quaderno aperto. Lo prendo per poterlo mettere dentro allo zaino, quando noto un’ultima scritta. La leggo un po’ incuriosito e mi riscopro a sorridere.
Siamo davvero strani. Sia lui che io.
Credo che oggi sia l’unica giornata in cui non abbiamo litigato. O per lo meno, non troppo. In più mi ha persino aiutato a fisica. Ora questo.
La mia manopola della sfortuna è strana. Ad ogni cosa negativa che succede, ne fa corrispondere una positiva.
Cioè, non che discutere con lui sia positivo. Per carità, lo odio a morte.
Ma di tanto in tanto fa bene poter parlare senza urlare, credo…. Per lo meno con lui. Con gli altri non faccio altro che fare cacchiate e ridere.
La professoressa è entrata in classe. Sospiro, prendo i libri e li poggio sul banco. Il quaderno dalla copertina rossa, invece, rimane dentro allo zaino. Gli lancio uno sguardo e sorrido. Accanto a me, una presenza si sposta.
-Finito di fumare?-
-Già-.
Ghigno.
-Altri tre giorni di vita in meno, allora-
-Bastardo, sta zitto e vedi di non rompere i coglioni-
-Si, si, quello che vuoi-, rispondo con tono monotono, eppure mi rimbombano in testa le parole che ha scritto su quel foglio.
Non farci l’abitudine. Prego.
Non ho voglia di fare i compiti. Neanche un po’, ma li sto facendo, e stranamente mi vengono anche. Matematica non è mai stata il mio forte, come fisica, ma oggi a quanto pare, i numeri paiono sorridermi. Finisco l’ultima funzione con un po’ di fatica, ma poi posso chiudere finalmente il quaderno ed andarmi a prendere una coca cola dal frigorifero della cucina, nel frattempo, prendo il cellulare e controllo la chat del gruppo. Non si dice niente di nuovo, tranne che Rufy ha intenzione di farsi fare dei cerca persone per tutti noi.
Mi piace come idea, ma spero per loro che non mi chiamino quando ho gli allenamenti, altrimenti li cerco io, ma per ucciderli. Poggio il telefono sul bancone della cucina e prendo la cola nel primo quadrante del frigorifero aperto. Lo richiudo e la stappo. Il suo liquido frizzante mi scende giù per la gola, rinfrescandomela e facendomi sentire subito meglio.
Faccio per dare un occhiata all’orologio per vedere che ore siano quando un rumore dal soggiorno mi fa sobbalzare. Rizzo le orecchie e riconosco la porta di casa che si apre.
-Tesoro? Ci sei?-.
Una voce femminile dolce e delicata mi raggiunge le orecchie. Sorrido. Ecco, appunto.
-Proprio te cercavo-, le dico, mentre entro nel corridoio con la cola in mano, bevendone un altro sorso. La donna di fronte a me regala un sorriso e poi si toglie le scarpe, tenendole nella mano destra e poggiando la borsa sul comodino all’entrata di casa.
-Mamma mia, ho i piedi a pezzi…-, si lamenta subito e mi strappa una risatina. Mi si avvicina e, in punta di piedi, mi accarezza la testa, scompigliandomi tutti i capelli.
-Ciao caro, com’è andata la giornata?-
-Diciamo bene…-
-Come “
diciamo”?-, mi chiede subito, andando a posare le scarpe dentro alla scarpiere in camera sua, in fondo al corridoio a sinistra. Si toglie il cappotto bianco e poi mi guarda con quei sue due occhi neri come la pece, cercando di trovare cosa io sto cercando disperatamente di nascondere fino all’ultimo.
Ridacchio.
-Non è andata benissimo l’interrogazione di fisica, tutto qui- le spiego finendomi la coca cola e andandola a buttare nel cestino in cucina.
Dei passi veloci mi raggiungono e sento un sospiro uscire dalle sue labbra. –Ancora? Zoro, cosa ti ho detto sulla scuola?-
-Mamma, tranquilla, recupererò. Mi ha chiesto cose che neanche sapevo!- mi difendo, voltandomi a guardarla. La vedo sistemarsi i capelli neri in uno chignon improvvisato e sedersi sul divano, sprofondandoci praticamente, per quanto è piccola.
Si, di corporatura non ho preso decisamente da lei. È piccola, magra, pare molto più giovane di quello che in realtà è. Molti la scambiano per una trentenne, ma vanta l’età di ben quarant’anni. I capelli, come gli occhi, sono neri e lisci come la seta. Ora le arrivano sotto le spalle, ma fino a poco tempo fa li aveva cortissimi, a caschetto.
Poi qualcuno, non so chi, deve averle fatto un complimento, perché da quel giorno non se li è toccati più.
In confronto a me, pare mia sorella minore, altro che madre! Forse è anche per questo che mio padre era così protettivo nei suoi confronti. La vedeva come la persona più delicata del mondo, e credo che ho sempre fatto così anche io.
Ma ho visto quanto è forte mia madre, e sono sicuro che nessuno potrà mai batterla, sotto il punto di vista emotivo.
-Quanto hai preso, signorino?-
-Ehm… 5?-
-Zoro?!-
-…Okay, 4-
-…-
-4-…-
-Zoro?!?!!-
-Recupererò, promesso!-
-Vedi di farlo, altrimenti sarà peggio per te- dice sbuffando e mettendo su un broncio tenerissimo. Scoppio a ridere e, stranamente, lo fa anche lei.
-Com’è andato il lavoro?- cambio discorso.
-Bene, stancante, ma mi sono divertita molto… e al contrario tuo ho preso un avvertimento dal capo che diceva cheeeee…-.
Ridacchio.
Ecco, sembra una ragazzina.
-Che…?-
-Che a Natale mi danno il premio, oltre che alla tredicesima!!-
-Davvero?! È grandioso!- le dico sfoderando il miglior sorriso che possiedo. In parole povere arriveranno tanti tanti bei soldini. –Così potrai anche riposarti, fortunatamente…- aggiungo ridacchiando.
Le sue labbra mi sorridono ed annuisce alle mie parole. –Si, avrò un po’ di tempo per me- mi dice alzandosi e stiracchiandosi improvvisamente. –Bene, ora però pensiamo al mangiare. Ti preparo una bella cenetta per festeggiare, una mezz’ora e sarà pronto- mi dice, prima di andare dietro al bancone e posizionarsi ai fornelli. Sorrido dolcemente.
-Ti aiuto- mi offro spontaneamente. Mi si presenta una delle poche occasioni per stare con mia madre, che faccio, non colgo la palla al balzo?
Conoscendomi, forse, non si direbbe, ma tengo moltissimo a mia madre. È… tutto quello che ho, oltre che allo sport e forse anche quei pochi amici che mi sono guadagnato col tempo. È sempre stata il mio mondo. Stare con lei è divertente, non è una rompiscatole come tutte le madri. Certo, ogni tanto il suo mestiere lo deve pur fare, quindi le ramanzine me le prendo sempre, però… mi dà consigli utili, mi aiuta sempre e soprattutto mi capisce, senza che io debba parlare.
È la cosa più importante di tutte.
Ci sono giorni che sono talmente giù che non posso neanche aprire bocca, altrimenti esploderei. Lei, senza dire niente, mi vizia un po’, dandomi i miei spazi e cercando di farmi sentire meglio aggirando il problema, facendolo apparire ai miei occhi sempre più insignificante.
Davvero, adoro questa donna.
Mentre parliamo, adesso, mi sembra che tutto sia migliore. Non penso al votaccio di fisica. Non penso alle condizioni di Saga e non penso neanche a papà. Tutto diventa più tranquillo, più sereno e credo che sia così anche per lei.
Non sono un mammone, questo assolutamente no. Semplicemente non ho mai dimenticato cosa veramente è importante.
Andando a dormire, più tardi, guardo il panorama fuori dalla finestra. Tante piccole stelle illuminano il cielo. Rimango a fissarle, cercando quella in cui dovrebbe esserci mio padre. Non che ci creda, ovviamente, ma Lili (mia madre) mi diceva che papà era lissù, che gi guardava e non vedeva l’ora di vedere i nostri progressi. Dovevamo essere forti per lui.
Chissà adesso dove sarà, se effettivamente sarà da qualche parte.
Chiudo gli occhi, pensando a tante, troppe cose, eppure, come al solito, l’ultimo mio pensiero, prima di cadere tra le braccia del sonno, và alla persona sbagliata.
Sono un idiota.
***End Part five**
*** Capitolo ***:
Campo-Scuola.
-Eh? Ma che dici?-
-E’ vero! Ti giuro!-
-Usopp, ma dai… è troppo presto!-.
No, sul serio, quello che sta dicendo non sta né in cielo, né in terra. Non è possibile che organizzino un campo-scuola a inizio novembre. È assurdo! Fa freddo e ci sono le tempeste di neve e pioggia, dove mai potremmo andare??
-Hanno deciso di mandare i quinti in campo-scuola prima proprio perché non vogliono che si perda tempo durante il periodo tra aprile e maggio! Noi partiremo entro la prima settimana di Novembre!-
-Ma da chi l’hai sentito?-
-Sono o non sono il rappresentante di classe scusa?!-. Sbuffo, si effettivamente è vero, se non è informato lui su queste cose chi lo è? Bibi, o Nami, di certo. Mi stiracchio, mentre aspettiamo che Rufy torni dalla fila alle macchinette. Durante la ricreazione c’è sempre un bordello di gente da queste parti e quindi ci si mette un po’ a prendere ciò che si vuole. Non appena vediamo spuntare il suo cappello tra le varie teste, lo prendo per il braccio e lo trascino fuori seguendo il naso lungo.
-Quale sarebbero le destinazioni?-, domando lasciando Rufy finalmente libero di muoversi.
-Di che parlate?-
-Del probabile campo-scuola di Novembre-
-Ah! Già! L’ho sentito… mi pare che me l’abbia detto Nami-, ecco appunto.
Camminando per il cortile raggiungiamo finalmente Bibi, Nami e il sopracciglio, che stanno deliziosamente prendendo il sole sul campo da calcio in erba sintetica. Oggi il sole c’è e come al solito fanno 30°C. Sta volta però, ho le maniche corte.
Ci stendiamo accanto a loro, sentendo l’erba fresca ma uncinante sotto la pelle.
-A quanto pare abbiamo tre scelte date dalla scuola e poi possiamo provare a proporre una noi, se proprio non ci dovessero piacere-
-Parli del campo-scuola?-, domanda subito Bibi sorridente.
-Già- annuisce Usopp.
-Dovrebbero essere Londra, Berlino e Praga-
-Insomma località più fredde no…?-, domando scocciato. Già fa freddo, se poi ci buttano in mezzo alle montagne non so, facessero loro, moriamo assiderati tutti!
Sbuffo.
-Io proporrei di andare in un posto caldo… non so, andiamocene in Spagna, no?-, propongo.
-A me piace la Spagna, ma preferisco la Turchia-
-Va bene anche quella, basta che sto al caldo…-
-E tu, Nami, che proporresti?-
-Non so… la Turchia, come dici tu, Bibi, mi ispira ma anche quelle del nord dovrebbero essere bellissime con la neve…-
-NEVEEEE!! Siiii dai andiamo che c’è la neve su!-
-Ma non è sicuro, Rufy!-
-Sanji, tu dove vorresti andare?- la domanda arriva diretta dalle ragazze che guardano il principino con aria vorace ed incuriosita improvvisamente. Lui, dal canto suo, con la sigaretta stretta tra le labbra (tanto per cambiare) e un espressione che non riesco a decifrare, ci pensa un attimo solo, prima di rispondere con un tono un po’ altalenante.
-Non… saprei… sembrano tutte così interessanti…-. Pare preso alla sprovvista, non so, non credo che sia convinto di quello che dice. È come perso nei suoi pensieri. Anzi, ancora non ha fatto un complimento alle ragazze, quindi deve essere una cosa grave!
Appena lo penso, subito quello si riprende, ridacchiando e cominciando a fare l’imbecille.
-A me basta che ci sono Nami e Bibi e possiamo andare ovunque!!!-
-Si, certo, come no…-
-Bé, ragazzi, dopo abbiamo un’ora di collettivo, solleverò la questione e entro la fine della giornata sapremo dove andare, d’accordo?-
-Bene!-.
Non c’è male, speriamo solamente che Usopp si dia da fare sul serio e non faccia come in secondo, quando dovevamo andare a Policoro e si dimenticò di far firmare le carte, così dovemmo tornare tutti indietro. Il discorso viene precipitosamente spostato agli aneddoti di Rufy e alle imprese di Usopp. Ci facciamo qualche risata, ma Sanji non pare particolarmente attratto dalla conversazione. È una settimana che si comporta in modo strano, ma non capisco perché.
Oddio, non che me ne abbia mai parlato dei suoi problemi, dico solo che non è da lui, tutto qui. Fatto sta che non appena suona la campanella o gli chiediamo cosa ne pensa di qualcosa, dobbiamo ripetergli la domanda o fargli notare le cose. È particolarmente assente.
-Allora, ragazzi… cosa votiamo?-
Premettendo che il discorso di Usopp di fronte alla classe sulla situazione del campo-scuola, non ha fatto una piega, adesso si è passati alle votazioni. Per prima cosa abbiamo dovuto scegliere se ci piacevano le tre mete scelte dalla scuola.
Ovviamente la maggioranza disse di no per alzata di mano, come è ovvio che sia, quindi ora dobbiamo scegliere quale paese visitare, mentre Rufy prende appunti sulla lavagna, lanciando gessetti a chiunque, compreso me, che puntualmente glieli rilancio indietro con il doppio della forza, beccandolo in testa e facendogli uscire segni rossi di volta in volta.
Comincio a divertirmi.
-Io direi di andare in Turchia!- dice Bibi prevedibilmente. Nami l’appoggia subito.
-No, andiamo a Madrid!-
-Meglio Barcellona!-
-Vabbé, sempre in Spagna no?-
-Nooo, è meglio la montagna regà! Andiamo in Austria!-
-Cosa?! Ma fa freddissimo lì!-
-Siiii andiamo a fare a palle di neve in Finlandia!-
-Perché nessuno ha pensato a Honolulu?!?-
-Perché nessuna sa dove si trovi…-
-No, aspettate, ci sono! Andiamo a Monaco! Lì è a metà tra la Germania e l’Italia, non dovrebbe fare troppo freddo no?!-
-Si, si! Andiamo lì!-
-Ragazzi uno per volta, alzate la mano e poi ne parliamo!-, tenta Usopp di calmare la massa che sfodera nuove idee colpo su colpo.
-Zoro, tu che dici?-
-Dove vi pare, basta che decidiamo, mi sto rompendo le scatole!-
-Non sei d’aiuto!-
-Pazienza, arrangiatevi…-, ridacchio nel vedere come naso lungo diventi sempre più rosso e cominci ad infuriarsi contro i compagni di classe. È la mia piccola marionetta. Secondo me passeranno trenta minuti buoni senza che riusciremo a cavare un ragno dal buco. Ci sono così tante fazioni nella classe che non riusciamo a capire cosa fare e quanti siano a volere quella cosa. Tutti hanno più o meno proposto qualcosa. Tutti, tranne il biondino di fronte a Nami e Bibi. Non ha aperto bocca per tutto il dibattito, neanche quando le donne si sono dimostrate favorevoli alla Turchia. Non gli interessano i posti caldi? Va per i freddi? Come funziona?
Bah, ma perché mi sto a scervellare poi…
-Sanji, tu hai qualche idea?-
Ah, ecco, bravo Rufy, così svelerò l’arcano senza pensare a nulla. La classe intera abbassa il tono di voce per sentire cosa ha da dire un Sanji piuttosto sorpreso da quella domanda. Secondo me risponde come prima… ossia che non gli importa un tubo di dove andremo, basta che ci siano le ragazze.
Prende un po’ di tempo, facendo il vago, prima di aprirsi un po’ e di proporre, con nonchalance, la sua meta.
-Ecco… a me piacerebbe girare la Francia-.
Mh? La Francia?
Parigi, quindi? Oppure in generale?
I rappresentanti di classe lo guardano un po’ stupiti, poi annuiscono. –E’ vero, nessuno ha pensato a Parigi, a qualcuno sta bene come meta?-.
Sbaglio o il principino sembra teso? Ho come questa strana sensazione, e credo che sia recente, perché questa mattina abbiamo litigato come al solito, quindi era tutto nella norma, poi però da quando abbiamo cominciato a parlare di gite si è rinchiuso in un guscio invisibile.
Inoltre, non so perché, è tutta la mattina che si aggiusta quel ciuffo con fare nervoso. Mh… non me la racconta giusta, ma non ho la minima intenzione di chiedergli cos’abbia per il semplice fatto che mi liquiderebbe con un “
niente” o un “
di che diavolo stai parlando?”.
Qualche mano si alza, qualche altra è indecisa, insomma, arriviamo alla fine dell’ora che dobbiamo solo decidere se andare a Parigi oppure ad Amsterdam.
-Sanji, visto che tu hai proposto la Francia… prova a convincerci della tua scelta, sono curioso di sapere se c’è un motivo particolare per il quale l’hai chiamata in causa-, dice Rufy alla fine dell’ora, mettendosi seduto a gambe incrociate sulla cattedra.
-Conoscendolo perché è la città dell’amore, non è vero?-, Nami si mette al suo fianco e dice la sua incrociando le braccia al petto.
Qualcuno annuisce. In effetti tutti sappiamo che quel dannatissimo frangettone è un eterno romantico, quindi quale città è meglio di Parigi? Gli lancio un occhiata silenziosa ed indagatrice. La sua espressione ha qualcosa che non mi quadra. Di solito si alzerebbe in piedi ad urlare qualcosa di idiota e inutile come: “
Ma certo Nami, mia dolcissima leccornia. Lo faccio solo per passare un po’ di tempo con te, mia amata!! ”, ma adesso se ne sta lì, fermo, con un sorriso docile sulle labbra.
-Si, infatti… è proprio così-
-E non c’è altro?- domanda Usopp, sedendosi vicino a lui sul banco. Il sopracciglio lo guarda ed annuisce ancora una volta.
-Perché ci sono belle ragazze?-
-Si, ma ci sono anche ad Amsterdam…-
-Ci sono i locali porno?-
-Anche ad Amsterdam…-
-… ci si può andare anche se non si è maggiorenni?-.
Che razza di discorsi. Però effettivamente qualcuno comincia ad interessarsi già di più. Che idioti. Se vogliono andare in qualche locale a luci rosse gli do i nomi di qualche posto vicino casa mia. Non sono cliente, ma ho qualche amica che è costretta a lavorarci. Se faccio loro un po’ di pubblicità non mi uccideranno sicuramente.
-Va bé, ragazzi, allora, votiamo insieme va…- sbuffa il nostro rappresentante di classe con un sospiro, mentre un pizzico mi tocca la testa. Mi volto e noto che qualcuno mi ha tirato contro una penna che poi è cascata giù. La raccolgo e mi guardo intorno per capire da chi provenga. Dall’altra parte della classe, tra Bibi e Francy, Saga mi sta salutando con la mano buona. Lo guardo e noto che cerca di dirmi qualcosa tramite labiale. “
Tu dove vuoi andare?”.
Sospiro. Gli faccio spallucce, come a dire che non lo so e gli chiedo cosa ne pensa della situazione. Un po’ a fatica mi dice che lui andrebbe sicuramente ad Amsterdam. Quando gli chiedo il perché, la sua risposta è: “
Mi piace la Francia, ma ad Amsterdam c’è la mia ragazza, che sta facendo degli studi, sarebbe un occasione per rivederla prima del tempo. In più c’è la cioccolata calda gratis! ” . Mi viene da sorridere e lascio perdere. Bah, allora voterò per Amsterdam, almeno Saga mi ha dato dei buoni motivi per scegliere qualcosa piuttosto che un’altra, anche se l’atteggiamento di quell’altro cretino non mi piace per niente.
Mentre Nami passa per i banchi dandoci dei pezzettini di carta (strappati da un quaderno, si vede lontano un miglio, soprattutto perché ci sono ancora le righe disegnate sotto) su cui scrivere la nostra decisione, ascolto i vari commenti nella classe. Le ragazze accanto a me sono divise in due gruppi, ma di uno prevale la fazione parigina. Anche Bibi vorrebbe andare lì, ma solo perché l’ha proposto Sanji e vuole accontentarlo. A quanto pare entrambe le destinazioni le sono indifferenti. Rufy e Usopp sono neutrali in quanto portavoce del consiglio d’assemblea e rappresentante di classe, mentre Nami ha detto subito che voleva andare a Parigi perché lì ci sono i capi d’alta moda. Scusa, perché, ad Amsterdam no?
Gli altri ragazzi scelgono per lo più Amsterdam per via del fumo e delle droghe leggere. Ah, anche per i sexy-shop con il 60% di sconto, ma sono dettagli. Ora come ora mi pare una lotta ad armi pari. Non ho sentito tutte le opinioni, ma pochi hanno le idee chiare su come comportarsi. Sembrano essere due mete ambite in pari dignità.
-Bene, adesso scrivete il nome della destinazione che volete scegliere, piegate il bigliettino e poi Nami passerà a ritirarlo-, ci fa presente naso lungo mentre cappello di paglia sta scrivendo svogliatamente sulla lavagna i titoli “
Parigi” e “
Amsterdam” per poi metterci il numero delle crocette.
Prendo il mio pezzo di carta e velocemente scrivo “
Amsterdam”. Parigi è troppo sdolcinata per i miei gusti, e poi se veramente in Olanda c’è la cioccolata calda gratis…
-Bene! Adesso contiamo i punteggi, voi state buoni- ci fa sapere una volta che tutti quanti abbiamo dato le nostre scelte. Avverto una certa tensione nella classe, o per lo meno agitazione. Mi alzo e vado a sedermi vicino a Saga, poggiando la schiena contro il muro, osservandolo. –Ho votato Amsterdam alla fine- gli dico. Lui si illumina d’immenso ed incrocia le dita della mano sorridente. –Speriamo bene amico mio. Sono in astinenza, non la vedo da quasi due mesi ormai… se davvero andassi in Olanda sarebbe una svolta!-, mi dice e il suo sorriso mi contagia.
Vederlo nelle vesti di ragazzo romantico mi fa uno strano effetto. Lui è uno spadaccino come me, da quando siamo ragazzini lottiamo e cerchiamo di batterci e migliorarci sempre di più. L’ho sempre sconfitto, o quasi, e da quando lo conosco non ha mai mostrato interessi particolari per le ragazze. Poi però è arrivata Marì.
Apriti cielo! È stato un cambiamento radicale. Mi fa venire i brividi e certe volte non mi pare neanche lui, ma poi mi rendo conto che è sempre lo stesso Saga. Solo… un po’ più sdolcinato?
-Silenzio, silenzio! Abbiamo i risultati!-.
Mi siedo meglio, non che mi interessi molto, ma voglio tenere d’occhio la reazione di quel sopracciglio da strapazzo. È parecchio teso e non sta sorridendo come tutti gli altri, che almeno chiacchierano e scherzano.
È come se da questo risultato dipendesse qualcosa di molto più importante rispetto a quello che ci vuole far vedere. Non che mi interessi, è talmente ricco che potrebbe andare in Francia quando e come vuole, basta alzare un dito e chiedere, ma mi pare strano che si debba comportare così. Insomma se non ci andrà quest’anno potrà sempre andarci da solo con l’anno prossimo, con la fidanzata di turno o cose del genere, no?
Lo vedo concentrarsi ed intensificare lo sguardo sulla mano di cappello di paglia che sta scrivendo il numero dei voti di ciascuna città. Sembra quasi che voglia bruciare il gesso che sta solcando la lavagna nera.
-Vi informiamo che quest’anno andremo…- comincia a parlare, finendo di scrivere. Cerchia un qualcosa un paio di volte e poi finalmente si sposta, lasciandoci vedere la destinazione del nostro viaggio.
Un boato si alza nella classe mentre lui sorride ed annuncia con un bel sorriso.
-Ad Amsterdam!! Evvai ragazzi, ci divertiremo!-.
Di fianco a me, Saga, fa un salto e scavalca il banco, mettendosi ad urlare.
-EVVAI! Evvai! Siii! Amsterdam! Aspettami sto arrivando!!!- e così dicendo mi dà uno scappellotto in testa e mi sorride, abbracciandomi di slancio. –Aaaah! Grazie per il voto amico! Adesso Marì mi sembra sempre più vicina!-
-Si, ma non soffocarmi!-, gli faccio notare, alzandomi allo stesso modo e sbattendolo sul banco, ridendo. È felice lui, lo sono anche io. Sinceramente, in fondo al cuore, lo speravo che andassimo lì, dopotutto per un amico questo ed altro, no?. Forse, se avessi avuto una ragazza in un qualche paese lontano, anche io mi sarei impegnato per raggiungerla, quindi non posso non dirmi soddisfatto per aver contribuito a questo voto. Le uniche che ci sono rimaste veramente male sono le ragazze, ma si riprendono in tempo record, visto che già cominciano a vedere tramite i cellulari, su internet, quale sia la tendenza dell’Olanda in questo momento.
Tutti esultano. Usopp ci dà l’ultimatum: entro due settimane ci sarà indicata la linea aerea, il costo e la data di partenza. Non so se è l’entusiasmo di Saga a farmi questo ma un brivido mi attraversa il corpo. Qualcosa mi dice che si, ci divertiremo. Anche Rufy è dello stesso parere, visto che viene da me e mi dà una pacca sulla spalla, ridacchiando a modo suo.
-Evvai! Tanto cibo gratis!-
-E’ solo la cioccolata che è gratis Rufy…-
-Quello che è! Va bene anche quella…-, ridacchio e gli scompiglio i capelli, prendendogli il suo fidato cappello e lanciandolo dall’altra parte della classe. Vengo buttato indietro e lui se lo va a riprendere di corsa, mettendo su il broncio. Rido di cuore per un attimo, prima di osservare l’unica persona in classe che non era proprio contenta di quel risultato.
Sanji è rimasto come pietrificato a guardare la lavagna. Sembra un fantasma. Gli altri ridono, scherzano e già cominciano a parlare di cosa ci dovremmo portare, mentre invece lui non fa altro se non fissare il vuoto, agitato da pensieri che non mi è dato conoscere.
Nessuno lo guarda, nessuno ci fa caso, a tutti sta bene la meta, in fondo non cambia loro niente se da una o dall’altra parte.
Purtroppo, qualcosa mi fa intuire che nel suo caso, non è decisamente così.
***End Part six***