Masquerade.

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» Stray
view post Posted on 10/7/2009, 14:14




× Forgiven



- No, no ed ancora no! -
- Noa, smettila di fare tutte queste storie! Santo cielo, a volte sembri ancor peggio di tuo padre! –

Da lontano le sue labbra si incresparono in un sorriso.
Era stato cresciuto con la convinzione che fosse sbagliato ostinarsi a cercare rifugio nelle cose terrene, negli affetti di semplice facciata. Ed allora, da bambino diligente quale si era sempre reputato essere, si era limitato a far tesoro di quell’insegnamento erroneo, costruendosi con maestria dietro quelle scarne parole. Alla fine tuttavia, in qualche strano, inconcepibile e contorto modo doveva aver sbagliato. Qualcosa aveva semplicemente finito con il non andare per verso giusto.
Non vi erano altre scappatoie e questo, Sanji, lo sapeva bene oramai.
Nient’altro altrimenti avrebbe potuto spiegare il perché della sua presenza, in una notte che tutto sembrasse presagire tranne che tempo sereno, in una delle piazze più decadenti del paese, intento a fumare una sigaretta e ad osservare, innegabilmente compiaciuto, l’ennesima lite fra i due pilastri della sua vita. A volte credeva che nulla di ciò che vi fosse ancora attaccato sarebbe potuto crollare, che niente li avrebbe potuti far vacillare.
Ma poi i suoi occhi si posavano inevitabilmente su quello scricciolo che ancora inconsciamente lo chiamava papà e solo allora capiva che quanto di saldo vi fosse in quell’idillio familiare era unicamente l’apparenza. Semplice, scontata apparenza.
E si ritrovava a maledirla, quella facciata.
E a maledire chiunque gliel’avesse anticipata anni prima, volendolo mettere in guardia.
Ma quei buoni sentimenti di cui tanto aveva amato riempirsi la bocca non avevano mai lasciato grande spazio ai consigli altrui; avevano deciso già da soli quale strada gli sarebbe toccata percorrere. Sbagliata, continuava a ripetersi.
Dannatamente sbagliata perché quello non era il suo cammino, e lo sapeva bene. Sbagliata perché quella non era sua figlia, e quella donna aveva imparato ad amarlo solo con il tempo.
Sbagliata perché quei pilastri erano stati costruiti su impalcature di legno, fragili ed in decadenza.
- Papà! – sbagliata perché nonostante tutto, avrebbe dato la vita per quell’insignificante dono di Dio.
Mille volte ed altre cento ancora se fosse stato sufficiente a non veder mai una lacrima solcare quel viso morbido. A non sentire i singhiozzi scuotere il suo corpo e vedere quella zazzera color oltremare oscillare malamente fra le braccia della madre.
Sorrise nuovamente, in un gesto appena percettibile fra le fioche luminarie di cui la piazza avrebbe potuto gloriarsi. Sorrise per non urlare tutto quel dolore e quell’insofferenza.
Sorrise per non crollare ancora una volta, fra braccia che mai gli sarebbero appartenute.
- Sei il suo idolo, sai? -
- Prego? –
- Sei il suo idolo. – non era mai stata di grandi parole, la sua compagna. E questo lo aveva sempre portato a riflettere, chiedendosi se la sua fosse un’elegante forma di masochismo o semplice e pura coincidenza. Il volersi circondare di gente particolarmente taciturna, ovvio.
Per tutto il resto che riguardasse la sua esistenza non aveva mai conservato grandi dubbi a riguardo.
Puro e gratuito autolesionismo.
- Sono semplicemente suo padre. –
- Sei il solo motivo per cui sia riuscita a convincerla a mettersi quel dannato costume e salire sul palco questa sera. –
- Sono suo padre. – si limitò a ripetere stancamente.
Il suo sguardo abbracciò l’intero palco adibito appositamente per quella sera, ancora immerso fra le tenebre della notte. Nessuna luce a schiarirne i contorni, nessun rumore a spezzarne la salda continuità. Solo quel silenzio di cui inconsciamente anche lui aveva finito con il nutrirsi e che tanto sapeva riuscire ad intimorirla.
- Nessuno ti ha mai obbligato a divenirlo... – risuonarono come un’insolita preghiera quelle parole di poco accennate. Aveva imparato a nascondersi bene dietro il loro mal celato sussurro, facendone spesso uno scudo talmente fitto ed intricato da credere che mai più nulla lo avrebbe potuto scalfire.
Il bisogno di un’ulteriore protezione l’aveva portata a quell’inevitabile svolta, coinvolgendo ogni sfaccettatura della sua esistenza con se. Ed ogni affetto ancora stupidamente legato ad essa.
- Io voglio bene a Noa. - ed era stato sincero nel dirlo.
Nessun tremore nel suo timbro a marcare quell’insolita verità; nessun dubbio nel gridarla ad alta voce, come se bisbigliata non potesse mai essere abbastanza.
Per la prima volta le sue labbra avevano lasciato libero del vero, ricavandone ossigeno prezioso per la futura rete di menzogne nella quale si sarebbero poi dovute inabissare. Facendosene un inestimabile carico prima di tornare a tacere ancora una volta.
- Nonostante non sia la tua vera figlia? -
- Sì. –
- Nonostante sia il frutto di una violenza? – sbarrò gli occhi al suono di quella domanda.
Non gli era mai stata celata, quella verità, eppure sentirla uscire liberamente per la prima volta dalle labbra della sua compagna lo spinse a quell’inutile gesto. Non ne aveva mai parlato, non di propria volontà per lo meno.
Ed adesso, spinto sul filo del rasoio, Sanji si ritrovò a chiedersi perché.
Il perché di quell’ostinato viaggio a ritroso fra gli stessi dolori che in passato la notte l’avevano spinta a piangere lacrime amare. Pioggia acida che si era ripercossa su di lui facendolo chiudere ancora una volta in se stesso.
Veleno che lentamente lo aveva corroso fra i propri rimorsi, portandolo a farsi carico del peso di quelle due vite. Per non urlare ancora una volta la propria insulsa mediocrità, per non cadere ancora una volta in ginocchio dinanzi alla sua figura riflessa allo specchio.
- Sì. – per non ammettere di esser stato l’unico fattore d’innesco di un’esplosione a catena che lentamente li aveva travolti.
- Perché queste domande, Nami-san? –
- Perché voglio esser certa che tu sia pronto... –
- Pronto per cosa? – solo ovvio silenzio da parte della sua compagna.
Ed un semplice movimento del capo che parve esser sufficiente a colmare il baratro generato da quell’inevitabile decisione.

Aveva distolto lo sguardo nell’esatto momento in cui lo aveva visto prenderla in braccio. Ed allora aveva sperato di riuscire ad ignorarla, quella voragine.
Aveva pregato quel Dio di cui tanto aveva amato diffamare il nome. Invocato, cercato.
Maledetto infine per averlo spinto sino a quel punto quella notte.
Per avergli voluto mostrare il limite e ricordatogli che oltre vi sarebbe stato dell’altro ad aspettarlo. Un futuro migliore forse.
E lui si era lasciato illudere, facendosi forza di quelli ideali che lentamente aveva visto andare infranti. Era bastato un semplice gesto a farlo, nient’altro.
Probabilmente non erano mai stati forti quanto egli stesso avesse voluto lasciare intendere. E a dimostrarlo era stata sufficiente la semplice realtà.
Non la sua, ovviamente. Ma la loro.
E di questo non avrebbe potuto che esser grato a quella divinità che da lassù stava deridendo la sua misera vita.
- Non ti aspettavamo. – il suo tono era calmo. Lo era sempre stato del resto.
Anche quando anni prima l’aveva strappata dalle sue braccia vogliose e portata fuori dalle loro camerate. Lo era stato mentre prendendolo a calci era arrivato a farsi sanguinare le punte dei mocassini per il troppo sforzo, senza riuscire tuttavia a fermarsi.
- Non avevo mai detto che sarei venuto. -
- Giusto, dimenticavo che tu preferisci sempre fare di testa tua … – lo era stato quando gliel’aveva urlato in faccia, quell’odio represso. E lui era rimasto in silenzio, inerme come una rocca.
Si era lasciato semplicemente investire da quelle raffiche gelide di risentimento, assorbendo pacatamente ogni colpo. E nascondendo, nascondendole bene le minuscole incrinature generate da quel turbinio di parole. Unicamente alla fine aveva ceduto.
Da solo, come era certo che meritasse di essere e rimanere.
- Cosa sei venuto a fare qui, Zoro? – le sue labbra si erano appena strette attorno all’ennesimo filtro, prima ancora di pronunciare quella domanda. Ed allora sorrise, Roronoa.
Di gusto. Dannatamente di gusto.
- Il bravo papino premuroso, mi sembra ovvio! – pronunciato dalle sue labbra apparve forte quasi quanto una bestemmia. Sanji dovette socchiudere gli occhi per riuscire ad assorbire l’impatto forzato di quelle parole. Fumò.
Come ogni altra volta lasciò che fosse la nera nicotina a placare il suo spirito nevrotico. Lo lasciò cullare da quella massa inconsistente di vapore, salire in cielo e sfiorare le luci della piazza.
Si era ripromesso di abbandonare quelle dannate bionde; non voleva che la loro bambina potesse rimaner sola ancor prima del tempo.
Erano ricercati, pirati, compagni. Amanti persino occasionalmente.
Occasioni per portarlo lontano da quello scricciolo ve ne sarebbero state di infinite in futuro, non avrebbe voluto aggiungerne delle altre superflue. Eppure erano state le sue mani a muoversi quella notte.
Con ferocia, seppur riuscendo a nascondere qualsiasi altro sentimento in movimenti fluidi.
Con rabbia. Frustrazione.
Con quel vortice di emozioni che in passato era riuscito ad avvicinarli ed adesso li stava portando ad odiarsi.
- Sai Zoro… - si fermò il tempo necessario per permettere all’ennesimo cerchio di fumo di salire con grazia al cielo. Ma Zoro sapeva bene oramai che la sua altra non fosse che una pausa ad effetto.
Il preludio della fine probabilmente.
- … non mi capacitavo di cosa potesse esser la gelosia sino a quando nella mia vita non è entrato quello scricciolo. La ignoravo probabilmente… così come ignoravo quanta tu ne potessi portar dentro. – rimase in silenzio.
Rimasero entrambi in silenzio probabilmente, pur non prestandovi alcuna attenzione.
Lo sapevano.
- Domani incontrerò Occhi di Falco. -
- So che non ti sei più allenato da dopo quella notte. –
- Lo so. –
- Morirai. –
- So anche questo. – lo sapevano entrambi.
Ma farlo non avrebbe cambiato le cose; niente lo avrebbe più potuto fare adesso.
- Voglio che cresca bene, Sanji. Non bastarda come noi; non randagia come me ed ipocrita come te.
Voglio che possa esser libera. –
- Lo sarà. -
- Ed infine voglio che non sappia che genere di uomo suo padre fosse. Ci sono cose del suo passato di cui probabilmente non andrebbe fiera.
Cose di cui io stesso non vado fiero. –
- Non le avrei in ogni caso mai parlato di te. -
Zoro sarebbe morto e nessuno sarebbe stato lì ad onorare il suo corpo trafitto.
- Grazie. –
Questa era l’assurda verità e niente l’avrebbe più potuta ribaltare. Non l’amore, la pace, né nessun’altra cazzata di cui in passato avevano fatto il proprio credo.
Li aveva traditi per averne voluto amare troppo uno solo ed ora era giusto che pagasse le conseguenze. Era questo ciò che almeno la sua coscienza volesse fargli apparire come soluzione migliore. Di certo la più comoda.
- Devo andare. – fosse stata un’altra persona, in un’altra situazione ed in un altro contesto avrebbe urlato. Sino a farsi sanguinare le corde vocali e perdere la voce.
Sino a cadere a terra stremato per lo sforzo a bagnarsi del proprio sangue. Senza paura, senza sciocche inibizioni. Solo per far sapere al mondo che quel dolore sarebbe stato sin troppo grande per le sue fragili spalle.
Se Zoro fosse stata un’altra persona forse lo avrebbe fatto pur riuscendo a rimanere se stesso.
Ma le cose erano precipitate anni prima e loro avevano appena avuto il tempo di rendersene conto. E così si erano ritrovati ad incarnare i ruoli forzati del sadico stupratore e del padre di pura facciata.
Spazio per esser se stessi erano certi che non sarebbero più stati in grado di trovarlo.
- Sanji, voglio sapere un’ultima cosa. – si fermò.
Questo per lo meno, si ritrovò a pensare, glielo avrebbe dovuto concedere.
- Come l’avete voluta chiamare? -
- Noa. – rispose semplicemente.
Ed allora sorrise da quella scomoda posizione, Zoro.
- E’ davvero un bel nome. -
- E’ solo un inutile insieme di lettere, non ha alcuna importanza.
Non più oramai. – sorrise pur sentendosi poco più che un cadavere.
Sorrise a quella ninfa di vita che improvvisamente aveva ricominciato a pulsare dentro di se, seppur sin troppo tenue per esser udita.
- Noa… - sorrise prima di voltare le spalle ed allontanarsi con il suo solito passo.
Ed uno sguardo spento oramai da sin troppo tempo.



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Per parte di questa storia dovrei ringraziare probabilmente Chiara; ieri con quel meraviglioso intervento su Nami usata come ripiego inconsapevole ha aperto la mia mente verso nuovi universi sconosciuti ... :ph34r:

Per il resto invece pura e semplice follia.

Nulla di nuovo quindi, no? ù___ù

Edited by » Stray - 13/7/2009, 23:45
 
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view post Posted on 14/7/2009, 08:15
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veramente bella...con un tono di malinconia e tristezza
che la rende sublime.
Complimenti Stray, aspetto con ansia tue nuove FF ^_^
 
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Zorina
view post Posted on 29/8/2009, 20:15




ç__ç ç__ç ç___ç
non riesco a scrivere altro... è troppo, dannatamente, malinconica ç__ç Zoro stupratore non ce lo vedo proprio, ma sei riuscita incredibilmente a non far pesare questo aspetto! complimetoni T__T
 
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2 replies since 10/7/2009, 14:14   200 views
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