× Goodbye
Non aveva mai avuto un fratello.
Figlio unico di madre vedova e padre ignoto, si era ritrovato sbalzato all’infuori del suo piccolo mondo non appena compiuta la maggiore età. Non un punto di riferimento, né tantomeno uno scopo preciso da seguire. Solo un sogno a ricordargli silenziosamente di esistere ed un senso dell’orientamento così esiguo da riuscire a volte persino ad allontanarlo dalla stessa realtà.
Non aveva mai avuto un fratello; solo altri ragazzini come lui in attesa di ritrovare la propria libertà finalmente fuori da quell’istituto. Volti che tutt’ora faticava a ricordare con chiarezza, offuscati dal grigiume di quelle stanze.
Non aveva mai
voluto un fratello.
Sarebbe stato solo un inutile impedimento allo scorrere della propria esistenza. Un rumoroso, chiassoso ed oltremodo maleodorante di tabacco, impedimento.
Eppure non aveva battuto ciglio quando gli si era presentato una fredda mattina di Ottobre, con un semplice bagaglio a mano ed un avviso di affitto stretto fra le lunghe dita di pianista.
- Passami quella scatola. –
Era stato cresciuto con la convinzione di poter far affidamento unicamente su se stesso. Un io traballante e spesso confuso dal sapore amaro dell’alcool.
Ma era sempre riuscito a farselo bastare; in ogni caso sapeva che non gli avrebbe mai chiesto grandi cose. Solo la forza necessaria ad affrontare un nuovo giorno e la voglia di vivere abbastanza da vederne il tramontare. E per esser arrivato a scorgere il suo secondo decennio, in sin dei conti, quell’insignificante compito doveva averlo svolto molto più che bene.
- Quella alla tua destra… –
Vi erano stati giorni tuttavia, in cui quell’esigua presenza aveva smesso di farsi sentire. In ferie, come quel damerino continuava spesso a ribadirgli.
O lutto, come forse mai lui avrebbe trovato la forza di controbattere.
Da quasi tre anni oramai non ne percepiva più il sordo pulsare dentro il suo animo; l’ultimo battito era stato antecedente a quella chiamata.
Di notte, temendo forse che le luci cristalline di una mattina non le potessero conferire la giusta intensità. Sussurrata e fugace come la morte che era stata destinata ad annunciare.
E giunta a tradimento, simile al passo falso che aveva condotto la sua piccola Kuina fra le braccia dell’Amorevole Signora. E si era ritrovato così, ad ascoltare le urla silenziose del suo animo ferito su quel divano.
Non aveva preteso nient’altro da quelle tenebre che un posto dove rimanere solo con i propri pensieri ed una bottiglia sufficientemente capiente da affogarne il lento scorrere. Ma un dolore così grande sarebbe stato sin troppo intenso da credere di poter anche solo passare inosservato, lo sapeva.
Solo si sforzava pur di riuscire ad ignorarlo.
- Ho detto alla tua destra, idiota di un marimo! –
Ed allora si era presto ritrovato a fronteggiare quello sguardo indagatore. Sfrontato, sfacciato. Limpido fra tanti ricordi annebbiati.
Ne aveva sentito il peso scrutargli l’anima, alla ricerca di risposte. Vagare a lungo dentro i suoi occhi per infine uscirne dilaniato da un dolore sin troppo intenso.
Infine una stretta sicura attorno al capo ed un respiro tagliente contro i contorni ambrati della propria pelle. Nessuna domanda, nessuna inutile, fittizia argomentazione.
Solo un gesto fugace.
Fraterno sarebbe stato probabilmente il modo migliore per riuscire a definirne l’identità, ma in quel momento ancora ignorava il reale significato di quella parola.
I suoi sensi avevano scorto solo le braccia di un coinquilino sin troppo smidollato stringersi attorno alla sua nuca. E ne avevano accettato, per una volta, il volere.
- Con questa abbiamo finito. –
Il tono del biondo si trasformò lentamente in un sussurro pacato, ripercuotendosi a fatica su di quelle pareti annerite dal fumo.
Il sapore amaro del tabacco scivolò cauto su quelle parole, soffocandole appena fra il cartone ammuffito di quelle scatole. Eppure il suo spirito riuscì a percepirle forti come se qualcuno le avesse appena urlate.
Così, a squarciagola in una strada affollata. Ovattate dal traffico, dal caos e da una terza presenza che tutt’ora faticava a cogliere.
Qualcosa che ne ostruiva lo scorrere, facendolo pesare su di lui come un macigno.
- Suppongo che sia il giunto il momento di andare.. -
Non aveva mai avuto un fratello.
Ma nel dolore di quelli ultimi tre anni gli era sempre parso di averne la costante presenza al proprio fianco. Insistente, taciturna. Forte.
Quasi come se qualcuno l’avesse appena legata attorno ai suoi polsi, stringendone la presa ogni qual volta che quel fottuto istinto sembrasse volerlo far vacillare ancora una volta.
Ed adesso che quei lacci si erano spezzati cosa gli sarebbe rimasto se non un animo inclinato ed una solitudine pronto a riaccoglierlo fra le sue forti braccia?
Un addio...
No.
Perché gli addii sono infimi, crudeli. Bastardi.
E ciò che li legava aveva smesso da anni oramai di mostrarsi in questo modo.
Gli addii sono per gli amici.
-
Arrivederci. -
E loro non lo erano mai stati.
-----------------
Sul tema dell'addio fra Cip e Ciop ho elaborato due storie.
La prima in una raccolta postata su EFP e la seconda... bè, la seconda è 'sta cosa qui.
Precisamente non vi so ben dire a quando risale, ma credo che con ogni probabilità sia una delle mie prime storie.
O almeno credo...
Edited by » Stray - 4/7/2009, 16:04