{ Prefazione }
A parte dire che anche questo, tutto sommato, è un capitolo molto tranquillo, che il blocco dello scrittore è una maledizione, e che spero non vi annoierete, non ho altro da aggiungere :3
Buona lettura!!
{ Just Like a Baby }
Capitolo X:
Fase 1: Il piano.
Non ho ancora sentito tutti i dettagli del piano, ma mi pare
particolare.
Non c’è altro modo per definirlo, dopotutto.
O se c’è, non mi viene in mente in questo momento.
Sospiro e mi massaggio la testa, passando la mano sinistra tra i miei capelli, ancora parzialmente bagnati dal bagno di poco fa. Se mi vede Chopper come minimo mi uccide, ma tento di non pensarci, e mi concentro sulle bistecche che sto cucinando sulle padelle sparse d’olio.
Nell’aria della postazione cucina, comincia a spandersi un profumino che non mi dispiace. Sapete che dall’odore che il cibo emana si può capire quando sono cotti a puntino? Quel vecchio rincretinito di Zeff me lo diceva sempre: “
In cucina bisogna usare tutti e cinque i sensi; se si finisce col tralasciarne uno, allora il tuo mestiere non è quello del cuoco”.
Se credete che fosse troppo severo, cosa pensereste se vi dicessi che mentre mi diceva questo mi dava dei calcioni da manuali?
Al ricordo, adesso, a volte rido e a volte mi viene voglia di tornare indietro con la Sunny e di prenderlo a pugni.
Giusto per ricordagli che gli devo tutto.
Non appena la carne comincia a diventare sempre più bronzea, allora mi sposto velocemente verso destra, con la gamba buona, prendo le spezie e le distribuisco sui piatti, creando una specie di cornice verde intorno a ognuno di essi. Quando finalmente è tutto pronto, prendo la carne e la dispongo sui piatti, per contorno aggiungo dell’insalata fresca con olio extravergine ed ecco qui, la cena è servita.
Mi fermo un attimo a guardare il piccolo capolavoro che, in meno di dieci minuti, sono riuscito a fare. Non me ne vanto troppo, ma sono contento di riuscire a dare tutto me stesso anche nelle ricette più semplici.
Prendo un respiro e, lentamente, comincio a portare i piatti a tavola, due alla volta per evitare di fare un casino. Zoppico, e anche vistosamente. Talvolta mi devo anche fermare per riprendere fiato. Decisamente: la ferita non è così superficiale come pensavo, anzi. Quando ho visto la cicatrice, completamente rossa, ancora, sopra la mia coscia, quasi non mi è preso un colpo.
È grande, profonda e fa male, o meglio, tira da morire, e mi sta pian piano distruggendo i muscoli… quelli che rimangono, s’intende.
Al terzo giro di portate, mi fermo e mi siedo un momento, massaggiandomi la parte sensibile e sentendo alcune fitte farmi piegare in due. Non si tratta del virus, semplicemente di una bruciatura di quarto grado che mi sta massacrando… e sinceramente non so quanto possa essere carina, come idea.
-Sanji?-, una vocina mi fa alzare la testa e, di fronte a me, vedo il musetto del medico di bordo piuttosto preoccupato.
-Non ti devi sforzare troppo. Ti aiuto io-, mi dice, e per quanto il suo voglia essere un gesto amichevole, il suo tono è lapidario, e non mi dà la possibilità di ribattere come si deve. In effetti già è tanto che io sia qui a cucinare, piuttosto che a letto, bardato da capo a piedi sotto qualcosa come dieci coperte. Gli devo un favore.
Lo vedo trasformarsi sotto ai miei occhi. Il suo corpo, da piccino com’è, diventa improvvisamente quello di un adulto e, con le mani, porta tutti i piatti a tavola in men che non si dica, lasciandomi riposare un po’. Il tutto accade in silenzio, non c’è bisogno di dire niente se non…
-Chopper?-
-Sì?-
-Grazie-, sulle sue labbra di renna esce un delicato sorriso, e poi una risatina. Si avvicina e mi dà una pacca sulla spalla.
-E’ stato un piacere. Piuttosto, sei abbastanza caldo?-
-Si, tranquillo, tutto bene-, gli faccio notare, indicando il felpone che mi sono messo, apposta per stare bello caldo ed evitare di prendermi un'altra febbraccia. Non m’interessa cosa succederà, io
devo partecipare all’azione. Sono stufo di stare in panchina, non è decisamente il mio posto.
Gli sorrido e lui sembra rilassarsi almeno un po’. La sua forma torna quella minuta di sempre.
-Dico agli altri che è pronto?-, mi chiede, indicando la tavola imbandita e scintillante. Annuisco.
-Se non ti dispiace-.
Scatta sull’attenti e, di corsa, si fionda verso la porta. Perché ho l’impressione che questo pranzo sarà particolarmente pesante?
-Che cosa, scusate?!-
-Eh già…-
-Anche noi non ne eravamo sicuri, a dire il vero, cook-san-
-No, ma vi rendete conto che ciò che state dicendo è una follia?! Okay, ammetto che quando prima, Chopper, mi ha raccontato più o meno quello che avevate in mente, non ero molto sicuro dell’idea… ma adesso mi sembra che si stia esagerando!-, dico sinceramente sorpreso e… non dico arrabbiato, ma preoccupato.
Molto preoccupato.
-Sanjiiii! Io ho fameee!-
-Rufy, qui si sta cercando di fare un discorso serio…-,
-Yo-oh-oh-oh! Sanji-san! Secondo me hai perfettamente ragione a preoccuparti… anche io sono così spaventato che ho i brividi sulla pelle! Oh! Ma io la pelle non ce l’ho più!!
Skull Joke!-
-Non è di
questo che si tratta! Stiamo parlando di farlo salire sulla
nostra nave! Di attirarlo
qui!-, preciso io, sinceramente confuso dalla cosa.
-Sanji, neanche a me và tanto a genio quest’idea, ma con la trappola che abbiamo ideato, e con il tuo aiuto, siamo sicuri di poter fare qualcosa. Non sottovalutare la Sunny! Lei è
la nave per eccellenza. In più le mie Super-Tute sono eccezionali! Sono fatte di neoprene, spesse quattordici millimetri, flessibili e resistenti. Dubito altamente che un morso di quella roba possa trapassarla! Sono troppo forti! In più sono Super-fighe! Sono nere, si abbinano a tutto!-
-Franky…-, dico spazientito, pizzicandomi la base del naso con l’indice e il pollice. Dio mio, non ha capito niente! Per quanto, lo ammetto, l’idea delle tute è eccezionale… insomma… non credo ci aiuti troppo nel gestire quella roba su questa nave. Al massimo che facciamo, la buttiamo in mare?!
Non possiamo rischiare così tanto, eppure tutti sembrano così convinti di potercela fare…
-Andrà tutto bene, vedrai, ci abbiamo riflettuto molto, non è stata una decisione facile, ma alla fine abbiamo fatto un paio di calcoli: se siamo veloci, non solo riusciremo a prendere ciò che ci serve per far tornare Zoro com’era, ma qualcosa mi dice che quel coso svanirà dalla faccia della terra per sempre-
Addirittura?!?!?
-Nami-san… mi fido ciecamente di te e di Robin ma…-
-Ehi, Sanji!! Ci siamo anche noi!!-
-Io ho fameeeee-
-TACI TU!-
-MA—, continuo, tirando un calcio in bocca a Rufy che, ora, standosene buono buono con la bocca piena, finalmente ha smesso di parlare.
-Spero sinceramente che voi sappiate ciò che state facendo…-, e non lo dico solo per noi… ma anche per la piccola testa d’alghe che, ora, non so se ignara o meno, sta mangiando tra le braccia di un Chopper aiutato dalla bella Robin. Per quanto la scena possa essere “
carina”, in un certo qual modo, non riesco a non essere preoccupato della situazione che si verrà a creare sulla nave. Ci sarò io, qui sopra, visto che non posso camminare per lunghe distanze, e dovrò anche tenermi stretto Zoro…
poi?! Che farò una volta che quella roba sarà a bordo?!
-Lascia che la nostra navigatrice ti spieghi, Cook-san. Vedrai che le cose ti appariranno più semplici-, la voce di Nico Robin arriva vellutata alle mie orecchie e, non so come, mi fa calmare quasi all’istante. Con un respiro più profondo, mi rilasso sulla sedia e istintivamente cerco il pacchetto di sigarette che di solito tengo a portata di mano, ricordandomi poi che
il dottoraccio infame Chopper me l’ha sequestrate. Sospiro. Cavolo… ho
davvero bisogno di fumare.
Comunque sia punto l’attenzione su Nami, lanciando letteralmente a Rufy il mio piatto, in modo che possa finirlo lui. Non credo che avrò molta fame, a partire da questo momento in poi.
-Quando vuoi-, le dico, e lei comincia praticamente subito.
-Veramente non ci sarebbe molto da dire. Semplicemente abbiamo trovato delle cartine dell’isola più aggiornate, e grazie all’aiuto di Brook innanzitutto ci siamo resi conto di dove si trovasse quel mostro, la sua tana, e poi ci siamo organizzati-
-Avete parlato di un nuovo alleato, chi è?-
-Questo posso dirtelo io!-, dice subito lo scheletro alla mia destra, guardandomi.
-Come da programma, mentre tu stavi a letto, io sono andato in ricognizione per le montagne vicine. Visto che sono l’unico senza pelle, Yo-oh-oh-oh, non è un problema per me, essere attaccato da lui!-, mi spiega.
-Comunque sia, mentre camminavo per un sentiero di un bosco non troppo lontano da qui, mi sono imbattuto in uno strano uomo… o meglio, non era strano, era solo tanto trafelato e parecchio stanco. Quando mi ha visto per poco non gli è preso un infarto poverino!
Mi sono presentato e, dopo averlo aiutato a riprendersi dallo spavento… bé, gli ho chiesto cosa facesse un uomo della sua età da quelle parti-
-“
Della sua età”? Scusa quanti anni pensi che abbia avuto?-
-Io direi non meno di cinquanta-
-Un uomo di cinquant’anni scalava una montagna?!-
-Esatto, per questo la cosa mi è sembrata strana. In via di confidenze, mi ha raccontato che sono anni che cerca la tana di quel mostro, proprio come noi. Lui lo chiamava “
Esperimento 63”, probabilmente il nome è rilegato al numero del laboratorio. In ogni caso è venuto fuori che anche lui era arrivato, stranamente, alla stessa conclusione di Rufy, e sono anni, ormai, che ogni giorno esplora una parte dell’isola per trovarlo, e guarda caso aveva con sé la cartina con tutti i posti che aveva visitato. Ebbene, scegliendone uno a caso vicino a una scogliera… l’abbiamo trovato!!-
-Ma dimmi te… in parole povere si tratta di culo?-
-Si, Sanji. Super-Culo, te lo garantisco-
-Al massimo bacino, io il culo non ce l’ho pi—
-Basta con queste cacchiate e tornate seri!!!-
-Sì, Nami-swan!!-, quant’è bella la mia principessa?! Troppo. Troppo bella, dovrebbe essere in cielo, insieme agli ange— NO! Resta qui con me, Nami-swan!!
-Tornando al discorso che facevamo prima… siamo arrivati insieme ad una specie di grotta ben nascosta vicino a un’altissima scogliera. Non siamo entrati, ovviamente, ma abbiamo trovato tracce della sua presenza: graffi ovunque, pezzi di abiti e… bé c’era uno stranissimo odore, lo stesso che abbiamo sentito quando è apparso la prima volta di fronte a noi-, perché il tono di Brook si è fatto improvvisamente più serio?
Penso un secondo a quella notte. Che odore ha sentito? L’ho sentito anche io…? In effetti ricordo qualcosa di strano nell’aria… sembrava qualcosa come… oh mio…
-…Putrefazione?-
-Già…-
-Oh-
-Ad ogni modo-, continua Nami al posto suo.
-Non appena è tornato e ci ha raccontato ciò che ha visto, mi sono procurata una mappa nautica della zona, e ho scoperto che questo posto è pieno zeppo di grotte. In altre parole, ci sono punti in cui ci si può avvicinare moltissimo alla scogliera, senza trovare intoppi o secche, il che è un grandissimo vantaggio per noi-
-Cosa avete intenzione di fare, esattamente, per farlo uscire di lì?-
-A quanto pare il signor Hotto ci darà una mano-
-Hotto?-
-E’ il conoscente di cui ti parlavo prima. Quando è venuto a sapere che volevamo sbarazzarci dell’esperimento 63 ha chiesto di poterci aiutare in tutti i modi. È stato così convincente che non ho saputo dire di no! E poi ci serve una mano, no? Yo-oh-oh-oh!-
-Hai fatto bene, scheletro, non temere-, gli dice Franky, alzandosi gli occhiali da sole e battendogli una mano sulla spalla ossea. I due si scambiano una specie di sorriso, poi tornano a guardarmi, aspettando una mia reazione.
-Mh… ci dovremmo dividere in gruppi, suppongo-
-Esatto. Ci siamo organizzati in questo modo: Franky, Brook, Rufy, io e il signor Hotto avremo il compito di portarlo verso la scogliera e di spingerlo giù, dove ci sarai tu con la Sunny che ci raccoglierai, e lì sopra lo cattureremo. Nel frattempo Chopper, Robin e Usopp andranno dentro alla grotta, a cercare indizi. Qualsiasi cosa dovesse succedere, torneranno indietro, e continueremo la ricerca di giorno-
-In pratica volete farlo saltare giù in modo che o si sfracella, oppure cade sulla nave e quindi lo isoliamo…?-
-Più o meno l’idea è questa. Quelli che dovranno fare il lavoro duro saranno Franky e Brook, per questo resteranno con noi-
-Si ma… il tipaccio, qui?-, domando indicando Zoro. Per un attimo tutti ci fermiamo a fissare quel piccolo
ben di Dio, mostriciattolo, che ci guarda incuriosito. Sul serio, capisci o no quello che stiamo dicendo?
-Lo terrai tu, non credo ci saranno problemi, nel momento in cui il mostro toccherà la nave, noi saremo lì a sostenerti, perciò poi sarà al sicuro-.
Non so perché, ma un sospiro di sollievo mi scappa in automatico. Lo faccio passare per uno sbuffo, poi faccio spallucce.
-D’accordo, proviamoci…-
-Sfanfji!-
-Rufy! Quante volte ti ho detto di non parlare con la bocca piena?! Non si capisce niente!-, mi lamento, lanciandogli un’occhiataccia. Lui non mi ascolta e continua a parlare come se niente fosse anche se, tra le righe, ciò che dice è più o meno questo: -Agiremo di sera, perciò domani voglio il doppio di razione di carne!-.
E ti pareva?
Non so perché, però quel commento così schietto, quella voce così ovattata dal cibo e quel sorriso così spontaneo, mi fanno sorridere. Annuisco e gli scompiglio i capelli. Che capitano idiota che ho.
-Come ti pare, capitano, ma sappi che poi finiremo le scorte, e fino alla prossima isola non mangerai carne-
-COSA?!-
-Scherzavo-
-SANJI! NON DIRE QUESTE COSE! Mi hai fatto prendere un colpo!-
-Rufy, sei un caso perso…-
-Parla per te, Usopp!-
Una risata generale fa rinfrescare l’atmosfera che c’è nella stanza, e sinceramente non posso non definirmi più sereno. Sono pensieroso. Non sarò con loro, perciò non potrò proteggere le ragazze… ma è anche vero che, per come sto messo ora, forse darei loro solo maggiori impicci. Domani mattina vedrò se all’ultimo possa prendere il posto di Nami, non mi va che corra un rischio così grande per mia negligenza.
Credo che abbia capito ciò a cui stia pensando, perché mi guarda, mi sorride e labiale, riesco a distinguere alcune parole: “
Andrà tutto bene”.
Sono stanco morto.
Seppur abbia dormito per 60 ore di fila… mi sento una stanchezza addosso che non credo sia normale. È vero, questo pomeriggio ho fatto un po’ di ginnastica, insieme a Chopper e Usopp per far riprendere la gamba, almeno un po’, ma non è stato facile, ve l’assicuro.
O meglio, gli esercizi erano una stronzata, era farli che non era il massimo.
Sicuramente è questa la causa della stanchezza e del dolore ai muscoli, ma passerà presto. Mi sono fatto un thé per rilassarmi un po’, e mi è toccato fare anche il latte al “
buebe” a Zoro. Ammetto che oggi è stato piuttosto… non so, come dire…
calmo.
Non ha urlato, non ha sbraitato, anzi, mi pareva quasi una bambola.
Se gli dicevo di stare buono, lui stava buono.
Mai successa in vita mia una cosa del genere.
E non sto scherzando.
-Bé? Che ti prende, marimo? Non hai frignato per tutto il giorno, come di solito fai-, gli faccio notare, adagiandolo su un cuscino del mio letto e mettendomi poi seduto a poca distanza da lui. Stendo la gamba e tiro un sospiro di sollievo, buttandomi a peso morto sul materasso, e sprofondando nel mio capezzale. Cosa darei per avere una sigaretta adesso…
Mi sento come se mancasse qualcosa, e soprattutto non ho le mani occupate, il ché non solo è strano, ma è anche fastidioso. Torno con la mente a quel pazzo scatenato che però oggi ha avuto la brillante idea di starsene buono buono, seduto sull’erba con Usopp.
Le sue perle grigie mi osservano incuriosite, e poi quasi divertite, perché scoppia a ridere.
-Cosa c’è? Non mi pare di aver detto qualcosa di particolarmente divertente-, continuo, solleticandogli il pancino, e facendolo ridere ancora per qualche istante.
Ammetto che il suo sorriso diventa ben presto contagioso, un pochino. Prendo un bel respiro e, mentre lui si calma e comincia a fare delle bollicine con la propria saliva (… ?!?!?), io mi do il tempo necessario a spogliarmi e a mettermi il pigiama.
Prima mi libero della maglietta, e mi blocco, quando arrivo ai pantaloni. Chopper ha detto che la ferita deve respirare. Mi sorge un dubbio: essendo sulla coscia, non devo indossare i pantaloni?
Bah, per adesso rimango così, poi magari gli chiedo conferma.
Poso lo sguardo sulla ferita, una lunga distesa dal colorito strano, nonché inquietante, che passa per le tonalità del rosa scuro, del rossastro opaco e arriva a un viola verso i bordi della pelle, segno di lividi piuttosto evidenti e parecchio dolorosi. La sfioro con la punta delle dita, e istintivamente ritraggo la mano. Il ricordo di due sere fa è ancora sfocato, ma qualcosa mi dice che è meglio non indagare di più sulla faccenda.
Un gemito strano, cattura la mia attenzione. Alla mia sinistra, con le sue forze, Zoro si è messo seduto e, come può, tenta di avvicinarsi a gattoni. Inarco il sopracciglio, piuttosto sorpreso a quella scena. -…Scemo, che stai facendo?-, domando, prendendolo in braccio, poggiandolo sulla gamba buona. Mette il broncio e si lamenta, agitando le braccia.
Sospiro, stanco.
-Sei stato buono tutto il giorno, e ancora non ci credo, non potresti continuare a fare così?-, a quanto pare non mi dà retta e, dimenandosi, scioglie il mio abbraccio e si mette vicino a me, sul fianco della gamba malaticcia. Lo vedo lanciarle un’occhiata tra il preoccupato, l’arrabbiato, il triste e lo spaventato. Non so descrivere bene la sensazione che gli attraversa il volto, ma di certo non dev’essere piacevole. Si mette seduto vicino a me e poggia la testa sulla mia pancia, insieme alle braccine.
...
-… Sinceramente, non so più cosa pensare-, gli confesso, accarezzandogli la testa.
-Non riesco a capire se mi capisci o no. Non ti comporti come un adulto, questo è chiaro… ma è
ovvio che un ragazzino di appena 5 mesi non farebbe mai una cosa del genere! Oddio santo… mi stai facendo venire il mal di testa! Possibile che tu debba essere così confusionario anche da bambino?!-, domando, osservandolo a metà tra l’arrabbiato e lo sconfortato.
Sentendo il mio tono cambiare improvvisamente, il suo visino si alza in direzione del mio, e mi osserva preoccupato. Non credo abbia capito, e allo stesso tempo
so che ha intuito qualcosa.
Mi massaggio la fronte.
-Lasciamo perdere. Sei davvero impossibile-, concludo, distendendomi e mettendomi sotto le coperte, cominciando a sentire freddo. Lo sposto e lo metto seduto di fianco a me, al calduccio, osservandolo guardarsi intorno incuriosito, prima di sentire le sue manine sulle mie guance, sul mio naso, le mie labbra, la mia fronte.
-‘Nga...ga!-, ridacchia contento, improvvisamente con un’aria ingenua e tremendamente… poco familiare. Osservo quel piccolo volto sorridente e spensierato.
La sua vista mi confonde ancora di più. Che sia soltanto una mia impressione? Magari mi sto inventando le cose… però è vero che per essere un bambino di cinque mesi è fottutamente sveglio! Di certo, quando era davvero così piccolo, non sarebbe stato in grado di fare tutto ciò che fa con naturalezza adesso.
Sei davvero lì, testa d’alghe? E se si… perché allora ti comporti in questo modo? Non vuoi che io lo capisca?
Ma prima mi sei sembrato così accondiscente…
Sospiro ancora una volta e mi limito a cacciare via quelle domande dalla mia testa, tanto non ci sarebbero risposte pronte. L’unica cosa che mi rimane da fare è aspettare domani sera, quando finalmente riusciremo ad avere qualche risposta e, si spera, l’antidoto per questa situazione.
Ora che ci penso… questa potrebbe essere l’ultima sera che passiamo in maniera… “
tranquilla”. Certo, queste ultime nottate sono state orrende, è vero, ma… insomma… se non piccole carezze per cullarlo, non abbiamo fatto assolutamente niente, com’era ovvio che fosse.
Un brivido freddo mi attraversa la schiena, e lo riconosco perfettamente.
La paura.
Paura di non trovarti più così dolce e spontaneo, di non sentirti più ridere in questo modo, o di non avere più la sensazione di piacere che ho quando vedo i tuoi occhi cercarmi, e le tue braccine allungarsi verso di me, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
So che è un’emozione idiota, nonché inutile da provare, eppure non riesco a contenerla. Probabilmente domani sera tutto tornerà come prima… tranne che per un piccolo dettaglio più che significante, oserei dire: adesso so per certo cosa provo e so cosa voglio chiederti.
Manca solo la tua risposta a completare il quadretto.
Non ho la minima intenzione di gettare via il mio orgoglio come ho fatto, per sbaglio, quella che ormai mi sembra una vita fa quando, sulla collina, ti ho urlato in faccia ciò che pensavo. Ma ho bisogno di parlare con te, del vero te, di quello adulto. Ho bisogno di farti alcune domande, e di ricevere altrettante risposte. Al contempo mi riesce difficile staccarmi da questa piccola parte di te, così allegra, spensierata e innocente.
Allungo piano una mano e, con delicatezza, sfioro con un dito la guancia sinistra della cosetta verde di fronte a me. Sembra apprezzare, poi sbadiglia. È stanco, lo si vede lontano un miglio.
Sbuffo. Lentamente, lo prendo e lo stringo pian piano a me, circondandolo con il braccio, facendo attenzione a non fargli male e a farlo respirare come si deve. Lo sento agitarsi un pochino, poi si calma, stringe la mia maglietta con la manina sinistra e poi, lentamente, lo sento abbandonarsi. I suoi gemiti diventano sempre più tenui, e alla fine scompaiono, dissolti nel silenzio.
Non resisto all’istino di sfiorare con le labbra la fronte così piccola e fragile di quest’affarino fluffoso addormentato sotto al mio collo. Mi do dell’idiota, e poi chiudo gli occhi.
Sono così stanco che, ne sono certo, dormirò di filata, e non mi sveglierò.
Neanche un incubo come quello di due giorni fa mi potrà far cambiare idea. Ormai l’illusione non mi spaventa più. È della realtà, che comincio a preoccuparmi.
End Part X
Edited by ~ Vampiraker - 27/1/2012, 15:07