{ Just Like a Baby }, Rating Misto

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~ Vampiraker
view post Posted on 12/12/2011, 21:34 by: ~ Vampiraker




{ Prefazione }


...
Sinceramente non so come iniziare. Mi fa uno strano effetto sapere che questa non sarà più { Rimescoliamo le Carte }, ma tutt'altra storia!
Non so... mi vengono i brividi solo a pensarci D:
Comunque sia non lasciamoci intimorire dalle novità!
Visto che l'esperimento della Fic precedente sembra essere andato a buon termine (poi fatemi sapere se è il contrario, ma a me è sembrato così!), direi di cominciare subito ad assillarvi con un'altra storia.
Aspetto le vostre critiche/commenti/consigli/opinioni, ovviamente!! (:
L'unica cosa che posso dirvi e che, comunque, capisco è che dal primo capitolo non capirete molto qual'è il vero "punto" della fic, dovrete aspettare almeno il capitolo tre °-°... spero solo di non creare casini.
Vi lascio leggere adesso!!

Buona lettura!









{ Just Like a Baby }

Capitolo I:
Problema Senza Compromessi.






Sono molte le cose che non riesco a spiegarmi.
Come d’altronde sono tante le cose che mai riuscirò a capire, i così detti “misteri della vita”, presumo. Credo che a volte Dio… Madre Natura… o chi per loro, insomma, abbia creato appositamente l’essere umano per vederlo contorcersi nei dubbi e nelle domande.
Oppure semplicemente non avevano niente da fare e, giocando al piccolo chimico, c’è stato un piccolissimo incidente di percorso (cavolo si sa che non bisogna mescolare l’acqua con le sostanze acide!!) e dall’esplosione che ne è seguita siamo nati noi, poveri esseri che, come pidocchi camminiamo sul suolo terrestre.
Lascio a voi la libera interpretazione.
Per quanto mi riguarda, preferisco tentare di rispondere ai misteri irrisolti del mio piccolo mondo. Tanto per farvi un esempio: dove va a finire tutta la roba che si mangia quell’idiota di Rufy? Quel megalomane pervertito di Franky ha avuto il coraggio (perché di questo si tratta) di andare a modificare anche quelle parti? Come fa a tenere in mano le tronchesine Chopper, visto che ha le zampe? Brook ci fa o ci è? Ma soprattutto la cosa che mi preme di più sapere (oltre i tantissimi, splendidi misteri che nascondo i corpi delle mie Robin-chwan e Nami-swan) è il perché non ho ancora sbattuto fuori dalla mia cucina a calci in culo un’alga marina verde, squamosa e viscida.
-Allora?!-
-Ti ho detto di no, razza di alga maniaca!-
-Perché diavolo no?! Dammi un motivo plausibile!-.
Ringhio e quasi, quando stringo i denti, non mi parte la cicca dalle labbra. Mi volto a guardarlo, sguainando il primo coltello affilato che trovo nei dintorni e puntandoglielo alla gola con fare minaccioso e serio. Mi sono rotto davvero le palle di questi suoi comportamenti infantili e idioti.
-Punto primo: sto cucinando. Punto secondo: è giorno. Punto terzo: non sono la tua puttana. Ora esci da qui, non voglio vederti-, concludo, lanciandogli occhiate assassine che vengono puntualmente ricambiate da un broncio e un’aria incazzata degna della mia. Purtroppo per lui, con me, questi giochetti, non attaccano. Sono settimane che va avanti in questo modo e, sono sincero, comincio ad odiarlo più del solito, e sto parlando seriamente.
Roba che non riesco ad incontrarlo sul ponte che vorrei spingerlo in acqua per quanto mi dà fastidio, e non datelo troppo per scontato, perché almeno prima non ci affettavamo tutto il tempo, di tanto in tanto ci lasciavamo andare e ci rilassavamo, questo, invece, è un periodo nel quale mi sta alquanto sul cazzo.
Volete sapere il motivo? È molto semplice e forse lo troverete anche infantile, ma non pensa altro se non al sesso. Sesso, sesso, sesso, sesso e ancora sesso, se proprio volete delle alternative: saké, allenamenti, cibo.
Cerchiamo di capirci, non è proprio questo il motivo, perché ho sempre saputo che Zoro fosse un’alga, per non dire un’ameba, monocellulare che aveva pochi interessi nella vita che non comprendessero le sue katane e il suo saké. Il punto è che da due settimane a questa parte io non lo vedo se non durante i pasti e la notte, puntualmente, viene dentro al mio letto con la scusa di non avermi visto tutto il giorno, sperando di trombare un po’.
Bé, mi sono stufato di stare ai suoi comodi. Mi piace fare sesso, e mi piace farlo con Zoro, ma non c’è più sostanza, ecco cosa mi preoccupa.
Se prima era qualcosa di bello (perché si, è bello e basta), eccitante, occasionale, proibito, segreto, se prima dovevamo attendere pazientemente determinate ore o momenti del giorno per poter stare insieme, a volte struggendoci dalla voglia perché quel momento non arrivava se non nel giorno seguente, adesso è diventato come… disinteressato, monotono, silenzioso.
Sono diventato il suo passatempo momentaneo e la cosa non mi sta bene. Praticamente in questi giorni già è tanto se ci rivolgiamo la parola, senza motivo, e lo dico perché non è davvero successo niente, siamo in tempo di bonaccia, andiamo leggermente a rilento, a detta di Nami, per questo prima di arrivare a un’altra isola dovremmo almeno aspettare questo pomeriggio o domani mattina addirittura, quindi ognuno cerca di passare il tempo come può.
Così, ho deciso di far cambiare le cose. Piuttosto lo faccio stare in bianco per un altro mese, sai quanto me ne frega.
-Sei un impiastro impossibile da capire! Non hai senso!-
-Ah, perché, tu, hai senso?!-
-Certo che sì!-
-Ah! Bene, questa è bella!-
-Cosa ti cambia se è ‘sta sera o adesso??-
-Hai capito male, non ci sarà né “sta sera”, né “adesso”, chiaro??-
-Ehi, ehi, ehi… calma voi due, cosa sta succedendo? Sembrerebbe una SuperBisticciata!-, una voce ben conosciuta, mi fa saltare. Sospiro e scanso via il marimo con ben poca delicatezza, andando a cercare il ciuffo azzurro di Franky che, in piedi di fronte alla porta, ci guarda incuriosito e un po’ confuso. Faccio spallucce.
-Grazie al cielo sei arrivato, ti prego, toglimi quest’alga marina di dosso, prima che gli spacchi le ossa!!-
-Tu cosa?! Non riusciresti nemmeno a toccarmi!-
-Tu… se ti prendo io ti amma—
-Ehi, ehi! Calma! Ragazzi, che cavolo vi prende oggi??-, domanda retoricamente, prendendoci per i vestiti e allontanandoci l’uno dall’altro, facendo in modo che tra di noi ricorrano più di due metri di distanza. Mentre ci guardiamo in cagnesco, cala il silenzio. Lo sguardo scrutatore del nostro carpentiere và dal verde a me e di nuovo sul marimo, prima di sbuffare e di fare spallucce.
-Bah, meglio non mettersi in mezzo. Comunque Zoro, ho bisogno del tuo aiuto giù, puoi venire un secondo?-, gli domanda, indicando con il pollice la porta retrostante le sue spalle.
Zoro non guarda lui, guarda me e, se potesse, mi ucciderebbe all’istante. Tsk. Ci provi e si ritrova appeso per i coglioni piedi all’insù sull’albero maestro.
Dopo un attimo di silenzio annuisce.
-Sì, certo. Sempre meglio di stare qui a discutere con gente inutile-, dopo avermi lanciato l’ennesima occhiataccia, si fa spazio ed esce dalla porta. Franky lo segue con lo sguardo per un attimo, poi, sbattendo gli occhi per qualche secondo mi fa segno come a dire “vi siete impazziti?”, poi fa spallucce e scende, chiudendosi la porta alle spalle.
Ritorna il silenzio nella cucina e con lui ritorna anche un po’ di pace. Sospiro, riprendendomi un poco da quella conversazione. Sono sicuro che non è cambiato nulla, di certo Zoro questa notte verrà comunque in camera mia, ma non avrà ciò che vuole. Non questa volta.
Mi passo una mano sulla fronte, poi torno al mio fare nei preparativi del pranzo, cercando di ritrovare la concentrazione perduta durante questo breve e piccolo intoppo. Osservo gli ingredienti di fronte a me e comincio a preparare il tutto con calma, buttando via la cicca ormai spezzata e spegnendola nel posacenere. Apro leggermente la finestra per far si che l’odore del fumo non attacchi il cibo, poi la mia mente ritorna sul problema.
So che non dovrei, ma sto cercando disperatamente il motivo per cui Zoro si comporta in questo modo. Conoscendolo, sicuramente è un suo capriccio… e per lo stesso motivo so che c’è qualcosa dietro. Che sia una mia impressione?
No!
Non può esserlo, perché non mi sono mai sentito così arrabbiato in vita mia, nemmeno con quell’idiota del marimo, perciò ci dev’essere qualcosa che non va.
Si, decisamente.
-…Sanji?-, quasi non faccio un salto alto quanto una casa, voltandomi e ritrovandomi gli splendidi occhi di Nami ad osservarmi. La sua espressione è a metà tra l’incuriosito, il confuso e il preoccupato… quant’è carina!!
-S-si mia principessa, dimmi tutto! Ti serve qualcosa, hai fame?-
-In effetti un pochino, volevo chiederti se potevi farmi qualcosa di rinfrescante, fuori fa davvero caldo-
-Agli ordini!-
-Posso aspettare qui? Almeno si respira-
-Certamente! Averti qui accanto è davvero una gioia! Potessi farlo più spesso mi faresti più felice-, le dico e sono sincero. La sua presenza è essenziale nella mia vita su questa nave, come anche quella di Robin, s’intende. La vedo sedersi con la sua solita grazia sul tavolo della cucina, aspettando ciò che ha ordinato, e per lei sono pronto a darle solo il meglio, perciò comincio a preparare qualcosa di veloce, succulento e leggero, per non farla appesantire, più precisamente le preparo una granita alla frutta con succo di fragole e una scorza di limone sul lato destro del bicchiere, accompagnato da un delicatissimo ombrellino arancione.
Quando sono soddisfatto di ciò che le ho preparato, le porgo il vassoio con il tovagliolo, il cocktail e qualche scorza di cioccolato al latte, pochi lo sanno, ma il cioccolato dà più gusto e sapore alle pietanze, soprattutto quelle dolci.
-Mademoiselle-
-Che meraviglia, non ti smentisci mai!-, ridacchio colpito da tutti quei complimenti. Faccio per bearmi della sua compagnia, tornando ai fornelli per finire di completare l’opera del pranzo, prima che la sua candida voce mi chiede: -Senti ma cos’è successo prima? Ho visto Franky scendere giù con Zoro. Avete litigato ancora?-
-Nami, tesoro bello, cosa pretendi da una persona che ha il cervello al posto dei muscoli?-, domando alzando gli occhi al cielo ricordandomi la faccia di quel pezzente di pochi secondi prima.
-Questa volta pare sia seria la cosa. Che sta succedendo?-
-Oh no, te l’assicuro, solite buffonate tesoro, non preoccuparti-, le dico sfoderando uno dei miei migliori sorrisi. L’ultima cosa che voglio è che anche lei si preoccupi per queste cose. La sua dolcissima testolina dovrebbe pensare solamente a fare mappe e a dirci dove andare, già è un lavoro abbastanza duro, non ho la minima intenzione di appesantirlo. Mi sorride un poco, poi fa spallucce.
-D’accordo… vedete di non fare troppo casino, chiaro?-
-Certamente! Lo farò per te, Nami-shwan!-
-Non ti sembra comunque che Zoro sia un po’ nervoso in questo periodo?-
-Sarà il caldo, lascialo cuocere nel suo brodo d’alga. A volte tutto sarebbe più facile se al posto di quel broncio idiota avesse un sorriso, e che sia sincero, non quei ghigni che fa di solito-
-Si, ammetto di non averlo visto ridere moltissimo di recente, sta tutto il giorno ad allenarsi… magari non gli riesce qualche tecnica?-
-Può essere… ma non credo che ti sia utile provare ad entrare nella testa di quell’idiota-, le suggerisco sospirando, cominciando a preparare le portate sui piatti, depositando un’aragosta pescata questa mattina da Rufy e Usopp su quello più grande, appoggiandola su un letto di lattuga insaporito da sale e limone.
-Lo so. Parli per esperienza-
Quando faccio per poggiare il rombo vicino alla salsa appositamente preparata per lui, quasi non mi scivola dalla padella e cade sul pavimento. Riprendendo subito l’equilibrio, mi ritrovo a perfezionare i piatti di fretta e furia, ma non oso rispondere a quella provocazione. Già. Lei lo sa, ed è la cosa che mi fa più male in assoluto, ve lo posso garantire. Suppongo per deduzione che anche Robin sia a conoscenza di quello che sta succedendo tra me e il marimo.
Non ho mai osato parlare di questo discorso con loro, ci mancherebbe altro, tuttavia Nami mi è sempre sembrata un po’… curiosa. Non so come spiegarlo, ma credo che ne voglia sapere di più su quello che c’è tra noi. Se scopre qualcosa, che me lo faccia sapere, perché non ci sto capendo niente neanche io.
Meglio lasciar cadere il discorso.
-Nami, ti dispiace chiamare gli altri e dir loro che è pronto da mangiare?-
-Sì, ci penso io, preparati all’ondata di gente affamata di sangue e carne-
-Nah, oggi ci sarà pesce-, le dico, mi sorride e poi esce dalla porta, sporgendosi per la ringhiera e guardando in basso, verso il giardino. La sento urlare qualcosa come: “Ragazzi?! È pronto in tavola!!”.
Mi ritrovo a ridacchiare un po’ a quell’urlo. Comincio già a sentire lo scalpitio dei piedi di Chopper, Rufy e Usopp. Un brivido mi passa su per la schiena, ma mi limito ad aspettare che arrivino tutti per continuare a mettere sul tavolo le altre portate, nel mentre, mi accendo una sigaretta, sbuffandone via il fumo.
Colazione, pranzo e cena, sulla Sunny, sono il momento migliore della giornata, soprattutto in queste ultime due settimane, semplicemente perché ridiamo, scherziamo, parliamo e, per una volta, posso bearmi della voce di Zoro senza dovergli stare sotto.



Sono stato indeciso se chiudere o meno la porta a chiave fino all’ultimo. Alla fine, ho deciso di non mettere il blocco solamente perché potrebbe esserci qualsiasi imprevisto ed è meglio avere le via di fughe libere. È come chiedere: “Che faccio, lascio che il mostro entri ma ho la via di fuga, oppure non lo lascio entrare?”.
Caccio via questi pensieri e mi stringo più sotto le coperte, chiudendo gli occhi e cercando disperatamente di addormentarmi, dopotutto sono stanco e ho sonno, le giornate su questa nave, anche le più semplici, alla fine ti prosciugano tutte le energie, e non ho certo intenzione di sciuparmi.
Peccato che tutti i miei buoni propositi siano disturbati dal pensiero fisso di quel marimo idiota. Apro gli occhi di scatto quando mi pare di aver sentito un rumore, ma mi rendo conto di essere stato solo io. Non so perché sono così agitato, ma non mi piace come sensazione.
Cerco di calmarmi come posso, puntando gli occhi sulla finestra che mi sta di lato, verso destra. Spostando tutto il corpo nella sua direzione, osservo la luce lunare irradiare debolmente alcuni pezzi della mia camera, facendoli diventare bianchi o, nel migliore delle ipotesi, azzurrini. È una bellissima serata, dalle tonalità meravigliose.
La calma delle onde mi culla come una ninna nanna, lasciando che lentamente io riesca a trovare di nuovo quella tranquillità che avevo perso pochi secondi fa. Riesco di nuovo a chiudere gli occhi, a sistemarmi meglio sul cuscino, arrotolandomi malamente intorno alle coperte, trovando finalmente una posizione comoda per riposarmi.
Il mio respiro è l’unico rumore che si sente dentro alla stanza e la cosa mi conforta alquanto, prima che un brivido freddo mi tranci di netto la colonna vertebrale, facendomi irrigidire immediatamente e scattare sull’attenti.
Il rumore metallico della maniglia, seppur lieve, echeggia dentro la mia stanza e dentro al mio petto, facendo accelerare il battito cardiaco da 0 a 100 in meno di un secondo. Ho paura mi stia per prendere un infarto.
Tuttavia cerco di mantenere come posso i nervi saldi, facendo finta di niente. Nel buio, i suoi passi (perché sì, sono i suoi, ormai riconoscerei quell’andatura tra milioni) si avvicinano sempre di più al mio letto, fino a fermarsi dalla parte opposta a quella del mio viso. Lo sento chinarsi, sedersi accanto a me e stendersi. Le sue mani, come temo, non perdono tempo e vanno subito ad esplorare il mio corpo, dimenandosi sotto le coperte. Si trascinano sulla mia pancia e lo blocco immediatamente.
-Che credi di fare?-
-Hai bisogno di un disegno?-
-Imbecille, toglimi le mani di dosso, adesso-
-Se non volessi?-, le sue carezze si fanno più audaci, spingendosi verso il mio pendio, facendomi scattare in avanti e non facendomi quasi cadere dal letto. A bloccarmi è il suo braccio, stretto intorno alla mia vita, poggiata sul suo bacino. Mi dimeno tra le coperte, spingendolo via, o almeno tentando.
-Ti rompo le palle! Ora togliti di mezzo!-
-Tsk, se fai tutto questo casino gli altri ci sentono-, mi sussurra all’orecchio, e per quanto io riesca a trovare la sua voce sexy e tremendamente appagante, non mi tiro indietro.
-Secondo me sei tu che non hai sentito questa mattina! Ti ho detto che non ci sarebbe stato niente!-
-Sì, d’accordo, ma adesso abbassa la voce…-.
No, scusa… aspetta… cosa?! Mi sta ignorando?!
Le sue labbra si poggiano velocemente sulla mia nuca, poi si spingono sulla mia spalla e infine, facendomi voltare, sulla mia bocca. Questi contatti, così vogliosi, possessivi e violenti, in effetti, risvegliano in me un certo calore, ma oggi, mi dispiace, si dovrà accontentare di usare Federica.
Come posso, carico velocemente il mio piede all’indietro e poi, con tutta la potenza che ho, e che il groviglio delle lenzuola mi consente, scarico un colpo netto sulla sua coscia, premendo sul nervo principale. Neanche a dirlo, lo sento rotolare e cadere giù tra i lamenti e le imprecazioni. Togliendomi di dosso tutte quelle cianfrusaglie, mi fiondo sulla bajour e, con un colpo netto, lascio che la sua luce illumini tutta la stanza. Adesso riesco a vederlo chiaramente, lo stronzo: è cascato di culo e si tiene la coscia dolorante, lanciandomi occhiataccie vaghe e omicide per colpa dell’illuminazione improvvisa. Mi lascio andare in un sospiro di sollievo, prima di massaggiarmi la nuca e di osservarlo in silenzio.
-Ma sei scemo?! Che cavolo ti prende??-
-Ah, ma allora sei sordo: non ci sarà niente. Né sta sera, né domani sera, né domani pomeriggio, mattina, colazione, pranzo, cena, spuntino, mezzanotte, scordati tutto quanto, chiaro?-, chiedo a questo punto scandendo ogni minima situazione per evitare che lui riesca a trovare qualche buco da ficcarci in mezzo.
La faccia che fa è sconvolta.
-No, aspetta… eri serio?-
-Sì-, rispondo subito.
-Cosa?! Perché cavolo no? È da questa mattina che ti comporti in modo strano, cuocastro! Esigo delle spiegazioni!-
-Se c’è qualcuno che deve dare spiegazioni qui, sei tu!-
-Io?! Che ho fatto io?!-
-Sei diventato improvvisamente ninfomane! Non fai altro che chiedermi di scopare! Sono due settimane che va avanti così, mi sono rotto il cazzo!-
-Perché, quando mai abbiamo fatto qualcosa di diverso?!-
-Appunto! Non facciamo mai niente di diverso proprio perché tu non conosci niente di meglio se non il sesso!-
-Ah, adesso è colpa mia?! Oh bé, certo, parla quello che è tutto rosa e fiori! Da quando sei diventato così smielato?-, mi domanda, lanciandomi occhiate di ferro e sangue. Probabilmente si sente punto nell’orgoglio, ma me ne frego, e torno a rispondere a tono. Spero solamente che gli altri non facciano troppo caso a questa lite, per lo meno le ragazze.
-Non sono smielato! Sono solo…- “un eterno romantico
-… solo stufo di questa situazione!-, mi accascio sul letto, mettendomi a gambe incrociate, osservandolo con sguardo truce.
-Spiegami, cosa ci sarebbe di diverso? Devo ricordarti forse che siamo uomini, che dobbiamo fare ciò che facciamo di nascosto dagli altri?! Ti pare tanto difficile da capire che l’unico momento che stiamo insieme vorrei fare qualcosa di più del semplice parlare?-, mi domanda, alzandosi in piedi e stringendo i pugni, tenendomi testa in modo più che degno di lui, ma ciò non fa altro che farmi alterare ancora di più.
-Perché?! Cosa ti cambia se per una volta facessimo… altro?!-
-Tipo cosa? Parlare della nostra giornata? Ci vediamo tutti i giorni, stiamo sulla stessa barca, le avventure che viviamo sono le stesse!-
-Potremmo anche solo dormire! Una volta ogni tanto vorrei che la mattina tu sia accanto a me, invece di dileguarti due ore dopo l’amplesso, e non mi pare di chiedere troppo!! Io…-, stringo i pugni, facendo passare il mio sguardo dai suoi occhi di pece, al materasso sotto di me, trovando improvvisamente interessanti le coperte che mi hanno coccolato fino a qualche minuto fa.
-Non sto più bene come prima-, confesso poi, tornando a guardarlo con più decisione di prima, perché, ve l’assicuro, per dire ciò che ho detto, mi ci è venuto uno sforzo enorme. Non che non sia vero, ma ciò allude a una separazione netta che io non voglio.
Cala il silenzio.
Le conseguenze delle parole che ho pronunciato cominciano a farsi sentire: l’aria comincia a diventare pesante e il suo sguardo, sul momento sorpreso, si fa serio, cupo. Quando il mio occhio destro si specchia nei suoi, riesco a vedere solo un baratro di rabbia, frustrazione e un barlume di tristezza. Forse anche delusione.
-Se era solo questo il problema bastava dirlo, invece di mettere su questa sceneggiata. Se ti sentivi oppresso, potevi fartelo uscire fuori prima-
-Io non mi sento oppresso, vorrei solamente…- , viverti, e non assaggiarti, vorrei assaporare il tuo essere in tutte le sue forme, in tutte le sue salse, in tutte le sue piccole sfumature. Vorrei poter gustare il tuo sorriso, comprendere cosa si cela dietro quel broncio, dirti “ti amo” e non “alga marina togliti dalle palle!” (anche se, lo ammetto, sarebbe difficilissimo, se non impossibile, uscirmene con una dichiarazione del genere).
-… qualcosa di diverso dal solito-.
Il calato silenzio mi suggerisce che le cose sono andate peggiorando notevolmente, ma sono certo di essere dalla parte della ragione, perché se anche ciò che cerco fosse qualcosa di più dolce, perché mai lui non dovrebbe almeno provare a darmelo?
Qualcosa, dentro di me, probabilmente il mio orgoglio, mi sta sbraitando insulti che nemmeno pensavo di conoscere. Mi accusa di essermi troppo addolcito, di esser diventato una donna capricciosa, ma non è così.
Sono un uomo, un pirata, per questo la mia vita è difficile, complicata, pericolosa, a volte piena di sacrifici e di dolore, fin da quando ero un ragazzino, in fondo, è stata sempre segnata da eventi che non augurerei a nessuno, nemmeno al peggiore dei miei nemici, ma mi ritengo fortunato ad aver trovato una ciurma come quella di Rufy. Grazie a loro sono riuscito a trovare la felicità, l’avventura, tutto ciò che neanche avrei mai potuto sperare di avere nella vita. E poi ho trovato quest’alga capricciosa di fronte a me che, per quanto possa essere incazzata, rimane pur sempre uno dei pezzi più preziosi della mia vita.
Non ho mai fatto la vittima. Se qualcuno mi ferisce, io sopporto in silenzio e sono pronto a contrattaccare, se un mio compagno è nei guai, mi getto in mare per salvarlo.
È ovvio che non sono una donna, non ho i comportamenti da donna. Per quanto io possa amarle, sono completamente differenti da noi uomini (ed è per questo che siamo attratti gli uni dalle altre), non riuscirei a comportarmi come una di loro, ma rimango pur sempre un essere umano, e non trovo niente di strano nel chiedere al proprio compagno qualche… attenzione in più.
Soprattutto tenendo presente il fatto che sono il primo a stimolare la virilità di Zoro.
Osservo il suo fare in silenzio, prima di sentirlo sospirare. La sua mano destra va ad accarezzarsi la nuca con fare pensieroso. Probabilmente sta pensando a come rispondere, ma non ho bisogno di parole, ho bisogno di fatti.
-Sei un idiota-, mi dice semplicemente. Faccio per alzarmi e per andargli a dare un altro bel calcio nell’entro coscia, ma il suo tono così pacato e distaccato mi fa sussultare. Mi blocco e non riesco a fare altro se non guardarlo mentre, con disinvoltura, si avvicina verso la stanza e apre la porta. Non faccio neanche in tempo a chiedere: “Dove vai” che la risposta arriva lapidaria e decisa.
-Mi è passata la voglia-, poi il sonoro “clanck” della maniglia fa piombare la mia stanza in uno strano silenzio. E non è da “quiete dopo la tempesta”, se ve lo state chiedendo, anzi. È pesante, mi cade sulle spalle come un macigno gigantesco che non riesco a sollevare.
Mi limito a lasciarmi cadere sul materasso, passandomi una mano tra i capelli, scompigliandoli un pochino. La mia mente è spaccata in due: la prima dice che ho fatto una cazzata, che avrei dovuto starmi zitto e che forse non ho neanche preso in considerazione il carattere di Zoro, più silenzioso e meno aperto alle emozioni rispetto al mio. L’altra, invece, si giustifica dando la precedenza al mio fastidio, dopotutto chi è lui per farmi stare in questo modo?
E così ha inizio un dibattito tra quella che credo sia la mia coscienza e il mio orgoglio. Per quanto mi riguarda, non voglio starli a sentire, ciò che è fatto è fatto, spero solo che le conseguenze non siano così gravi come sembrano.
A fatica, mi rimetto sotto le coperte, sistemandole alla bell’e meglio, per poi osservare un attimo il soffitto della mia camera. Mi lascio andare in un sospiro. Non mi sento meglio, adesso che gliene ho parlato… o meglio, adesso che ne abbiamo discusso. Lascio perdere.
Decido di cancellare questi momenti dalla mia testa e di cercare di dormire, dopotutto domani mattina devo preparare la colazione.
Così, in un ultimo tentativo di addormentarmi, mi volto verso la luce della mia camera, facendo scivolare le dita sull’interruttore. Per un secondo spero che il buio riesca a trascinare via anche questa giornata pessima, ma quando l’interruttore scatta, il ricordo di due occhi neri e del dolore che li solcava, non se ne va dalla mia mente.


End Part I






Edited by ~ Vampiraker - 12/12/2011, 23:12
 
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